«Caro, sono innamorata di te» E gli prosciuga il conto

Emanuela Rorai Maeva, 35 anni, è accusata di circonvenzione di incapace: ha fatto credere a un uomo molto mite di voler andare a vivere con lui. Gli ha preso 15mila euro
Di Corrado Barbacini
Lasorte Trieste 07/01/08 - Tribunale - Caso Lorito -
Lasorte Trieste 07/01/08 - Tribunale - Caso Lorito -

Lo fa innamorare e gli frega i soldi.

Si chiama Emanuela Rorai Maeva, 35 anni, abita a Pordenone. È accusata dal pm Lucia Baldovin di aver prelevato dal conto corrente di un “conoscente” triestino che aveva fatto innamorare la somma di 14mila 600 euro. In pratica: circonvenzione di incapace.

La somma era stata chiesta in prestito a una finanziaria dall’uomo vittima di questa vicenda. Aveva firmato un contratto per un prelievo del quinto dello stipendio. Il denaro doveva servire per pagare l’affitto di una casa nella quale i due sarebbero dovuti andare a vivere. Invece i soldi sono stati “succhiati” dal conto e sono finiti in tasca ad Emanuela Rorai Maeva.

La vicenda approdata davanti al gip Laura Barresi porta la data di agosto del 2012. Verso la fine di quel mese l’uomo, del quale non riveliamo le generalità perché vittima del bidone, era stato avvicinato da una ragazza che si era presentata come Eva. «Preciso - ha scritto l’uomo nella querela - che a causa della mia grande timidezza, dovuta forse anche ai miei problemi di salute, non sono molto spigliato con l’altro sesso, per cui venire avvicinato da una giovane donna mi lusingava e mi faceva piacere, ma, al tempo stesso, mi rendeva nervoso e insicuro».

I due si sono incontrati più volte fino al mese di ottobre dello stesso anno e hanno consolidato l’amicizia. Scrive ancora la vittima: «Eva mi ha fatto intendere che aveva un certo interese per me. Mi ha proposto di andare a convivere. Per questo mi ha convinto a chiedere un prestito di 6mila euro. La somma sarebbe dovuta servire per un appartamento in affitto: versare un acconto per fermare il contratto. Lei - ha spiegato l’uomo - non aveva denaro e così avrei dovuto richiedere io il prestito avendo un posto di lavoro a tempo indeterminato».

L’uomo ha accettato di buon grado. Anzi era proprio contento perché quella che credeva fosse ormai la sua fidanzata si sarebbe occupata a trovare una Finanziaria che potesse erogare il prestito. Qualche settimana dopo c’è stato l’incontro con il funzionario della finanziaria «giunto - ha scritto la vittima - appositamente da Milano per esaudire la richiesta. L’appuntamento era stato fissato al bar della stazione, non certo in un ufficio o in una banca. Alla fine la vittima predestinata ha firmato il contratto riferendolo al conto corrente dove gli viene versato lo stipendio.

Ma qui è iniziata la seconda fase di quella che secondo il pm Baldovin è stato un vero e proprio bidone. Qualche giorno dopo c’è stato un nuovo incontro, questa volta nel giardino dell’ospedale. Motivo: il funzionario di Milano aveva chiesto all’uomo di correggere il contratto perché si era accorto che vi erano alcuni errori formali.

Dopo qualche giorno l’uomo ha ricevuto l’accredito di 3mila euro sul proprio conto corrente. Non ci ha pensato due volte. Ha versato la somma alla fidanzata perché pagasse l’acconto della casa e i mobili. Ma due mesi dopo ha scoperto la fregatura: la somma erogata, per la quale si era impegnato a pagare, era stata di 14mila 500 euro. In tutto 120 rate da 226 euro l’una. Ma il denaro e la fidanzata erano già spariti.

Nel corso dell’udienza il giudice Barresi, su richiesta del difensore di Emanuela Rorai Maeva, l’avvocato Fabio Campanella, ha disposto una perizia psichiatrica. Questo per verificare la capacità di intendere e di volere dell’accusata e la sua capacità a stare in giudizio. L’udienza è stata rinviata al 21 marzo.

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