Case di riposo in rivolta: «Meno rimborsi per i triestini»

TRIESTE. La vecchiaia? Meglio fuori Trieste perché, nel capoluogo regionale, le case di riposo costano di più che nel resto del Friuli Venezia Giulia. Certamente per i non autosufficienti, gli anziani con problemi fisici e cognitivi ospitati in strutture protette e attrezzate. La differenza con le rette medie applicate in regione supera i 4 euro al giorno. Sono 120 al mese, 1.500 l’anno. Altro che spiccioli.
Nonni di un Dio minore? Tutta colpa del sistema di rimborsi attualmente in vigore, che cambia a seconda delle rispettive Aziende sanitarie territoriali a cui spetta il compito di assegnare i contribuiti regionali. E che, alla fine, pesa sulle tariffe. In altre parole ognuno fa da sé.
Il problema non è nuovo per gli addetti ai lavori, che già in passato avrebbero provato a sollecitare un regolamento o una norma ad hoc per omogeneizzare il tutto. E ora tornano alla carica. Ma il meccanismo, ad oggi, rimane ancora squilibrato. Funziona così: ogni anno la Regione eroga un finanziamento alle Aziende sanitarie per sostenere le rette degli anziani non autosufficienti accolti nelle strutture protette. In provincia di Trieste sono otto, per un totale di circa 1.200 persone: Itis, Gregoretti, Bartoli, Ieralla, San Domenico, Emmaus, Fratelli Stuparich e la Casa di riposo comunale di Muggia. Il costo medio per ogni giornata in residenza oscilla tra gli 80 e i 100 euro: il 50% spetta alle famiglie (o al Comune per chi è in difficoltà economica), mentre l'altro 50% è a carico della Regione, che suddivide la somma erogata in “quota capitaria” e “oneri sanitari”, vale a dire le spese per infermieri, fisioterapisti e farmaci.
È qui, sugli “oneri sanitari” appunto, che si notano le differenze territoriali più incisive, dal momento che le rette delle residenze vengono tarate anche sui contributi pubblici. In effetti la quota rimborsata dalle rispettive Aziende sanitarie, per l’abbattimento tariffario, può variare dai 9,21 euro applicati a Trieste (come avviene all'Itis, ad esempio) ai 13,26 di Gorizia, o i 14,44 euro di Udine, i 13,61 della Carnia e i 15,37 di Pordenone. Contro una media regionale di 13,43: tirando le somme, Trieste è sotto di 4,22 euro di rimborso al giorno. Con l'effetto che i triestini, in un anno, pagano 1.500 in più che altrove.
Il problema investe in parte pure le residenze polifunzionali di “fascia A” destinate ai «parzialmente non autosufficienti», anche se il rimborso è dell'80% rispetto ai «non autosufficienti». A Trieste rientrano una trentina di strutture in tutto, quindi sommando le due categorie si raggiungono i 2mila anziani.
Dove nascono le differenze? Il problema, stando a quanto denunciano gli operatori, risiede nel calcolo sul costo dei professionisti impiegati nelle strutture in base ai posti letto. Gli oneri sanitari, appunto. «Da noi accade che riceviamo un rimborso per l'utilizzo di un infermiere ogni quindici utenti, come succede nel resto della regione, anche se di fatto ne utilizziamo uno ogni dodici - spiega Fabio Bonetta, direttore dell'Itis -, ma è una soglia al di sotto della quale non possiamo andare altrimenti ne va della qualità dei servizi. Noi gestiamo anziani in gravi condizioni, non possiamo di certo ridurre l’organico. Queste differenze andrebbero corrette, è da anni che tentiamo di fare in modo che si intervenga», rileva.
L’adeguamento dei rimborsi tariffari sugli oneri sanitari sarebbe stato già sottoposto alla Regione dall’ex giunta comunale retta da Roberto Cosolini. Ma, ad oggi, è arrivato solo un nulla di fatto. «La situazione è nota, da oltre dieci anni le strutture della città domandano di omogenizzare il sistema ma ciò non è avvenuto. Si deve riequilibrare il contributo regionale, perché ciò determina una quota superiore a Trieste a parità dei servizi offerti».
L’Itis stesso ha calcolato che se ricevesse dell'Azienda sanitaria universitaria integrata un rimborso superiore, potrebbe beneficiare di circa 600mila euro in più l'anno. Una cifra utile per gli investimenti in supporti sanitari, in équipe di specialisti per gestire le patologie degli anziani, sempre più gravi e complesse, o per la tecnologia. Oltre, naturalmente, alle rette a carico degli utenti. «Abbiamo a che fare con persone che, oltre alle polipatologie fisiche, presentano anche condizioni di indebolimento cognitivo - aggiunge il direttore Bonetta -. Sui 411 anziani che ospitiamo, 180 hanno problemi di demenza».
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