Case di riposo inadeguate Mille posti sono a rischio

Le residenze polifunzionali non rispondono ai criteri di classificazione della Regione Strutture carenti per i non autosufficienti. Il consigliere Lupieri sollecita Tondo
Di Gabriella Ziani
Lasorte Trieste 12/04/08 - Via Marchesetti - Casa Bartoli - Casa Serena
Lasorte Trieste 12/04/08 - Via Marchesetti - Casa Bartoli - Casa Serena

Se le case di riposo triestine, quasi 90, venissero passate al vaglio secondo i criteri di classificazione già elaborati ma ancora giacenti in Regione, il 75% degli attuali ospiti delle residenze “polifunzionali” dovrebbe uscirne, vale a dire circa 1000 persone sulle 1395 che ci vivono, perché sono strutture non necessariamente attrezzate per i non autosufficienti. Altri ospiti ancora perderebbero la casa di riposo per motivi diversi: strutture al di sotto dei profili richiesti per l’accreditamento non potrebbero continuare la propria attività.

È questa una drammatica fotografia che il mondo sanitario conosce, dopo che un’indagine condotta con metodo scientifico ha testato la salute dei cittadini ospitati di queste residenze. Il totale di chi a Trieste vive non in casa propria, ma in strutture comuni, è di quasi 3000 persone. Circa 1500 anziani con deficit fisico o psichico sono ricoverati in strutture “protette”, cioé in questo caso abilitate all’assistenza e alla cura, e dunque obbligatoriamente dotate di infermieri e di personale socio-assistenziale. Ma sono poche rispetto al bisogno e ora si sa di quanto: 1000 posti letto.

Se dalla conoscenza si passasse alle vie di fatto, oltre 1000 fragili persone (che evidentemente non possono stare in famiglia) non avrebbero dove andare, perché il numero di residenze “protette” non è adeguato alle necessità effettive. Dunque anche i più fragili (con grave esborso proprio, dei familiari, e della Regione che attraverso il Comune integra le rette) devono stare là dove rischiano di non avere l’adeguata assistenza. Non situazioni illegali: la nuova legge, da 10 anni in elaborazione, non c’è.

L’Azienda sanitaria di recente ha misurato non solo col più semplice parametro “Bina” il grado di autosufficienza, ma anche con l’apposito strumento ministeriale “Valgraf” (Valutazione grafica) l’esatto grado di autosufficienza nelle case polifunzionali. Tra gravi, meno gravi e molto gravi ha trovato appunto il 75,5% di anziane persone non alloggiate propriamente. Ma non è seguita azione.

Il consigliere regionale Sergio Lupieri (vicepresidente Pd della commissione Sanità) sollecita il presidente Tondo a non tener conto di interessi particolari, e a preoccuparsi «della dignità e qualità della vita di 10 mila persone anziane in regione che sono in casa di riposo». Perché c’è un paradosso ulteriore: se questa nuova classificazione non viene resa operativa (ma tutti sanno che giace dal 2002, prima elaborazione con la giunta Illy) nessun privato titolare di casa di riposo si azzarda a promuovere ristrutturazioni e migliorìe, perché un domani potrebbero rivelarsi non consone rispetto ai nuovi parametri.

«C’è chi sostiene - afferma Lupieri - che questa riclassificazione data per pronta sia bloccata da qualche componente della maggioranza regionale, nel frattempo a rimetterci sono sempre i cittadini più deboli e fragili».

Se qualcuno mettesse seriamente mano alla questione, bisognerebbe forse prendere serissime decisioni da un altro punto di vista: non basterebbe riclassificare le case esistenti, bisognerebbe piuttosto contare quanti anziani hanno bisogno di supporto, e forse accorgersi che i parametri teorici desunti da letterature scientifiche perdono sul campo tutta la loro affidabilità. Ormai il dato secondo cui servono 45 posti letto ogni 1000 abitanti a Trieste andrebbe tradotto in un tasso reale. Se misurato su quello dei ricoveri ospedalieri per over-75, sfiora - si dice - la drammatica cifra di 400 ogni mille.

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