Caso di omonimia blocca il processo Coop

«Ho perso 65mila euro». Queste parole sono state pronunciate ieri mattina da un pensionato con gli occhi lucidi, perché quei 65mila euro erano tutti i suoi risparmi. L’anziano era uno dei trenta ex soci delle Cooperative operaie presenti nell’aula della Corte d’Assise del Tribunale in occasione di quella che avrebbe dovuto essere l’udienza davanti al gip Laura Barresi a carico degli ex manager che - secondo i pm Federico Frezza e Matteo Tripani - hanno causato il dissesto che, a ruota, ha poi provocato il crac.
I nomi sono quelli di Livio Marchetti e Pierpaolo Della Valle che all’epoca dei fatti, finché cioè il giudice non li ha “sbattuti fuori”, erano rispettivamente presidente del Consiglio di amministrazione e direttore generale nonché, per un lungo periodo antecedente, presidente del Collegio sindacale. Ma, nell'atto depositato alla cancelleria del gip e notificato a quasi tutti i difensori (gli avvocati Alfredo Antonini, Gaetano Insolera, Marco Bianca, Salvatore e Filippo Capomacchia, Federica Fantuzzi e Giovanni Borgna), compaiono anche i nomi di Rodolfo Pobega, di Tiziana Seriau e di Michela Raffaelli, componenti in periodi diversi del Consiglio sindacale: per la procura avevano controllato conti e bilanci ma non avevano trovato nulla di anomalo. Sono accusati di non essersi accorti degli ampi squarci - mascherati con plusvalenze fittizie - che sempre più velocemente si formavano nella chiglia della nave che stava affondando. Da aggiungere che Raffaelli aveva avuto l’incarico nel 2013 appena per nove mesi. Mentre Pobega e Seriau erano stati scelti nei loro ruoli per quattro e tre anni.
Parte offesa sono le Cooperative operaie in concordato preventivo, nella persona dell’amministratore giudiziario, l'avvocato Maurizio Consoli, che ieri era presente in aula. Tuttavia, ancor prima di iniziare, ieri è arrivato il semaforo rosso. Ad accenderlo è stata il giudice Laura Barresi, che si è accorta della mancanza di una notifica: quella all’avvocato Federica Fantuzzi, difensore di Tiziana Seriau. Per la verità l’avviso dell’udienza - così è risultato - era stato inviato mei tempi previsti. Ma, si è appreso poi ieri, gli uffici incaricati avevano sbagliato avvocato. L’atto di citazione, quindi, era stato trasmesso via e-mail con posta certificata all’avvocato Federica Fantuzzi di Modena e non all’avvocato Federica Fantuzzi di Trieste. Un disguido che ha stoppato di fatto il processo. A bloccare tutto ancor prima di iniziare, insomma, ci si è messa anche la tragicomica beffa dell’omonimia. «Questo - ha sbottato nel cortile del palazzo l’avvocato Stefano Alunni Barbarossa al termine della “non udienza” durata meno di un’ora - è un processo che avrebbe potuto cominciare qualche anno fa». Uno sfogo, quello del legale, che nasce da una precisa consapevolezza: sull’intera vicenda processuale incombe l’incubo della prescrizione. E quindi - di conseguenza - dell’impunità di chi, a causa di una gestione “disinvolta” ha distrutto una realtà che a Trieste dava lavoro a centinaia di persone.
Il rinvio, con la speranza che le notifiche siano regolari, porta la fatidica data a quella del prossimo 12 giugno. Appena venti giorni dopo l’altra udienza preliminare davanti al gip Guido Patriarchi, che vede accusati oltre ai soliti Marchetti e Della Valle anche Augusto Seghene, ritenuto l’ex capo occulto di quella che prima del crac era la più importante attività commerciale di Trieste.
Il 12 giugno, così è stato annunciato, verrà depositata la costituzione di parte civile da parte di 102 ex soci delle Cooperative operaie. Una piccola pattuglia dei 7mila in totale. In pratica con questo atto formale i risparmatori cercheranno di recuperare - aggredendo i patrimoni degli imputati - almeno in parte la differenza tra quanto hanno già ricevuto nel concordato e il totale del loro patrimonio all’epoca investito. È chiaro che potranno avere soddisfazione solo se verranno definite in giudizio le responsabilità. Insomma, tutto dopo le sentenze. Tempi dunque inevitabilmente lunghi.
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