Caso Rasman, il pm: processate i poliziotti
Montrone ha depositato gli atti dal gip e vuole il giudizio per chi bloccò l’uomo nella sua casa
di Corrado Barbacini
di Corrado Barbacini

Riccardo Rasman
Il pm Pietro Montrone ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei poliziotti accusati dell’omicidio colposo di Riccardo Rasman, il giovane handicappato di 34 anni, stroncato nell’ottobre del 2006 nel suo monolocale di Borgo San Sergio da un collasso innescatosi durante l’ultima fase di un intervento della polizia.
Nei prossimi giorni il gip Enzo Truncellito fisserà la data dell’udienza preliminare. «La richiesta del pubblico ministero Montrone era prevedibile dopo la riapertura delle indagini. È comunque un presupposto fondamentale per arrivare al processo e chiarire definitivamente la vicenda», ha dichiarato l’avvocato Giovanni Di Lullo, che assieme al collega Fabio Anselmo assiste la famiglia Rasman. Ieri mattina è andato personalmente in cancelleria ad accertarsi dell’avvenuto deposito della richiesta del pm. Lo stesso sostituto procuratore Montrone a fine giugno aveva notificato ai quattro poliziotti indagati Francesca Gatti, Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi, il decreto di conclusione delle indagini. Secondo l’ipotesi accusatoria la morte di Riccardo Rasman è stata direttamente collegata proprio alle modalità di intervento degli agenti.
I poliziotti avevano fatto irruzione nell’appartamento di Borgo San Sergio perchè Rasman aveva lanciato un paio di petardi sulle persone che passavano nella sottostante strada. Lui non aveva voluto aprire la porta d’ingresso e questo suo atteggiamento aveva indotto gli agenti a irrompere nell’alloggio dove si era sviluppata una furiosa mischia, al termine della quale Riccardo Rasman era stato ammanettato e tenuto fermo sul pavimento con le mani bloccate dietro alla schiena. Una posizione che gli era stata fatale. In un primo momento per i quattro indagati Francesca Gatti, Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi era stato chiesto il proscioglimento. Ma nuovi elementi e i nuovi indizi che appunto hanno riaperto il caso, sono stati nei mesi scorsi messi a fuoco dall’indagine svolta dall’avvocato Giovanni Di Lullo.
In dettaglio era emerso che alcuni degli agenti di polizia che avevano fatto irruzione il 26 ottobre 2006 nell’appartamento di via Grego 38 avevano saputo che lo stesso Rasman era assistito da un Centro di salute mentale. Secondo le indagini difensive, l’informazione era stata fornita agli uomini in divisa dagli stessi abitanti dello stabile che avevano sollecitato l’intervento della «volante». A ulteriore prova ci sarebbero i dialoghi tra gli agenti e la sala operativa prima dell’intervento fatale.
Dunque i poliziotti, secondo i difensori non potevano non sapere con chi avevano a che fare. E conoscendo chi si sarebbero trovati di fronte, non avrebbero dovuto fare irruzione nell’appartamento senza aver prima chiesto l’intervento di uno psichiatra. Il lancio di petardi era infatti cessato da tempo. La prova, secondo i legali, giunge dalla «specifica richiesta giunta alla Centrale operativa della questura di verificare se Rasman fosse seguito dal Centro di salute mentale di Domio». Sarà di questi nuovi elementi che si discuterà in occasione dell’udienza preliminare.
Argomenti:riccardo rasman
Riproduzione riservata © Il Piccolo
Leggi anche
Video