C’è la crisi, il nonno resta in casa

Il vecchietto dove lo metto? Dove lo metto non si sa. Recitava così una vecchia canzone di Domenico Modugno che, tra il serio e l’ironico, trattava il delicato argomento legato ai problemi dell’età senile. Adesso, con la crisi economica che sta mettendo in ginocchio i più svariati settori della società, la risposta alla domanda iniziale sembra pressoché scontata: il nonno se ne resta a casa, molto spesso per una questione collegata alla scarsità di risorse finanziarie. Da qualche tempo a questa parte infatti, sono in costante aumento le famiglie che non riescono più a far fronte ai costi elevati delle case di riposo e che sono dunque costrette a riportare a casa i parenti più anziani.
Un fenomeno decisamente inusuale fino a pochi anni fa e che invece adesso sta diventando una pratica forzata, tanto che in molti casi si sono letteralmente dimezzate le liste di attesa, mentre negli ultimi mesi almeno un paio di case di riposo cittadine hanno dovuto chiudere i battenti. «Una cosa del genere non era mai accaduta - precisa Enrico Ramazzina, imprenditore noto in città, titolare di tre strutture “La mia casa” -. Ci sono persone che, a causa della crisi, non ce la fanno più a sostenere questa spesa, altre che sono indietro nei pagamenti, altre ancora che chiedono sconti sulle rette: tutto questo costringe i familiari a tenere in casa i parenti più anziani, situazione che da una parte comporta un notevole risparmio economico per la famiglia, ma dall’altra si ripercuote in modo negativo sull’aspetto occupazionale del personale che opera in queste strutture». Difficile al momento parlare di percentuali, considerato che il fenomeno è recente e complesso, ma è indubbio che la pratica della retromarcia e della conseguente “fuga” dalle case di riposo sta assumendo contorni preoccupanti. «Le difficoltà economiche delle famiglie emergono già in sede di primo colloquio ed è indubbio che le liste di attesa si siano assotigliate rispetto a un tempo, quando passavano anche alcuni mesi prima di essere accolti nella casa di riposo -
dichiara Luca Sibilla, direttore di Casa Emmaus -. Un fenomeno che colpisce soprattutto alcune tipologie di strutture, quelle cioè che possono accogliere fino a una certa soglia di non autosufficienza, meno invece le residenze protette come la nostra, dove si è in grado di sopperire a un numero maggiore di emergenze della famiglia. Tenere a casa un anziano è un fatto positivo, ma deve essere accompagnato da una rete familiare efficiente». Si sintonizza sulla stessa lunghezza d’onda Raffaella Del Punta, presidente dell’Itis, struttura con alle spalle una lunga storia nel campo dei servizi alla persona. «Le liste di attesa hanno indubbiamente subito una contrazione, dovuta in parte alla crisi economica che si può toccare con mano, e in parte, come nel nostro caso, alla velocizzazione del servizio di accoglimento - spiega Del Punta -. L’Itis da tempo sta lavorando per favorire l’assistenza domiciliare e dunque la permanenza della persona anziana nel proprio ambito familiare: ma deve essere un obiettivo preciso e non una scelta dettata da motivi economici, altrimenti non si tratta certo di un segnale positivo».
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