Cerotto intelligente per rimarginare le ferite più difficili

TRIESTE Ferite difficili da curare, che si infettano, si riaprono o non si chiudono affatto: piaghe da decubito, ulcere croniche, piede diabetico. Rappresentano un problema poco conosciuto ma con cui avremo sempre più spesso a che fare in futuro: con l’aumento dell’età media dei pazienti, il diabete e tutte le altre patologie legate all’avanzare dell’età e alla cosiddetta società del benessere diventeranno sempre più diffuse. Importante dunque è individuare nuove medicazioni per curare le ferite difficili. Tre progetti che si stanno sviluppando parallelamente a Trieste dimostrano le nuove risposte della medicina e delle tecnologie all’invecchiamento della popolazione.

Gli ambiti di impiego sono vastissimi, a cominciare dal piede diabetico. Un dispositivo biocompatibile per il medicamento e la rivascolarizzazione dei tessuti è stato messo a punto dal Dipartimento di Chirurgia plastica dell’Ospedale di Cattinara diretto dal professor Zoran Arnez in collaborazione con i ricercatori dell’Icgeb. Spiega il dott. Giovanni Papa, medico chirurgo specializzato in Chirurgia plastica ricostruttiva alla guida del progetto: «Quando c’è un problema a livello degli arti inferiori, come ad esempio il piede diabetico, dove le ulcere non guariscono mai, solitamente c’è un problema vascolare, cioè di minore arrivo di sangue, e i tessuti non riescono a rigenerare». «L’innovazione di questa tecnologia - prosegue - sta nell’utilizzo di cellule endoteliali in combinazione con la terapia genica per garantire una rivascolarizzazione più rapida riducendo così il rischio di infezione grazie al fattore di crescita vascolare Vegf che stimola la crescita delle cellule e forma nuovi vasi».
«Infine, viene aggiunta una struttura tridimensionale, detta scaffold, che sarà prodotta mediante una stampante 3D». «In pratica - conclude il dott. Papa - l'idea alla base di questa tecnologia è portare sangue a un tessuto permettendo di ricostruire la pelle che altrimenti non avrebbe nessuna possibilità di rigenerarsi».
Un innovativo cerotto per ferite è invece la soluzione proposta dal gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienza della Vita dell’Università di Trieste guidato da Antonella Bandiera biologa molecolare che spiega: «Si tratta di una medicazione avanzata costituita da un idrogel a base di elastina e utilizzabile come cerotto per ferite e/o sostituto cutaneo». Il gruppo dell’Università di Trieste è partito proprio dall’elastina, una proteina che è il componente prioritario per dare la proprietà elastica ai tessuti brevettando un sistema che permette di creare un idrogel. «Grazie all’ingegneria genetica - commenta la professoressa Bandiera - abbiamo riprodotto l’elastina in laboratorio mettendo a punto un metodo standardizzato e altamente riproducibile per la preparazione di un idrogel biomimetico “intelligente”, il cui comportamento risponde alle condizioni dell’ambiente circostante e di conseguenza aiutando la guarigione della ferita».
Il prototipo di questo ”cerotto intelligente” è in procinto di essere realizzato insieme alla M3DATEK Srl., spin-off dell'Università di Parma. Entrambi i progetti fanno parte di Made in Trieste ideato da Area Science Park, finalizzato a promuovere progetti tra ricerca e impresa. Infine, frutto delle ricerche di Sigea, azienda con sede in Area Science Park, è «il formulato Shls Wound - spiega il dott. Luca Stucchi responsabile R&D - composto da acido ialuronico, acido lipoico e ioni metallici di argento con notevoli vantaggi per la riparazione dei tessuti delle ferite difficili».
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