Chiusa la Tipografia Adriatica, licenziati

Il titolare Adriano Battello: «Macchinari comprati da egiziani. Il futuro? Non farsi concorrenza...»
Foto Bruni 10.08.13 Chiude la Tipografia Adriatica
Foto Bruni 10.08.13 Chiude la Tipografia Adriatica

In via Rismondo sono rimasti una bocca e due occhi ciechi, la porta e due finestre con le serrande abbassate. «Dimezzato il fatturato. E io a questa crisi non ci volevo credere...». In queste parole c’è un’altra vicenda di aziende che vedono prosciugarsi l’acqua in cui avevano galleggiato, con più o meno vento in poppa, ma per decenni. E che ora devono ritirarsi dal mercato, oppure trasformarsi.

Stavolta è il destino della storica Tipografia Adriatica, e del suo titolare Adriano Battello noto anche per la sigla editoriale “Battello stampatore” con cui la tipografia era diventata negli anni piccola casa editrice, stampando pure le edizioni Il Murice. Da lì uscivano grafiche, cataloghi, pubblicità, volantini, dépliant, poster, manifesti, tutto il mondo di carta che ci circonda.

Nei giorni scorsi il traffico in via Rismondo è stato bloccato perché le macchine di stampa venivano fatte uscire dal piccolo, storico stabilimento. «Se l’è portate via un mercante egiziano, il nostro offset ormai inutilizzabile se ne va in Egitto - racconta Battello -, ci sono operatori dei paesi nord-africani oppure della Serbia che s’informano sulle aziende in difficoltà, e vengono a offrire di acquistare i macchinari, che poi esportano su mercati extra-Ue. Si vede che anche della mia tipografia s’era sparsa voce, e ho avuto due-tre richieste in pochi giorni».

Battello ha dovuto licenziare quattro dipendenti su cinque. Adesso si è unito ad altre due ditte del settore, altrettanto in difficoltà, per condividere lo scarso mercato che resta e anche le diverse specializzazioni dell’iter di stampa. Chi la grafica, chi la prestampa, chi la stampa vera e propria. La torta restante sarà suddivisa per tre, pur di non chiudere tutti quanti.

«Altrimenti ci mangiamo l’un l’altro - afferma infatti Battello -, credendoli un campo sicuro io avevo puntato tutto sul lavoro con la pubblica amministrazione e con le associazioni culturali, ma poi è arrivata la crisi e proprio in questi settori è stato tagliato in modo drastico».

Arriva il momento in cui le banche chiedono il rientro dei soldi, e la tenaglia si stringe. All’altro capo ci sono agguerrite aziende straniere, c’è Internet, c’è la caccia al prezzo più basso, all’ingrosso, c’è la generale contrazione che conosciamo. A Trieste già si è consumato il fallimento della Graphart, il 12 settembre si vedrà se ci sono state offerte per il capannone.

«Io tenterò di tenere in vita anche la piccola casa editrice - aggiunge Battello -, ho fatto molti libri, alcuni a pagamento, ma anche tanti a mio rischio. Accordandoci fra colleghi speriamo di incominciare una vita nuova. Avremo una nuova sede, un locale più piccolo, con la vetrina». Si cade e si ricomincia daccapo. Intanto i macchinari di stampa triestini forse sono già in Egitto, dove nessuno s’aspetterebbe. (g. z.)

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