Civica Benemerenza ai Caduti del ‘53: «Così il sacrificio dei sei triestini rese possibile il ritorno della città all’Italia»

In Consiglio comunale il conferimento della Benemerenza a 70 anni esatti dal loro martirio

Lorenzo Degrassi
La cerimonia in Consiglio comunale (Massimo Silvano)
La cerimonia in Consiglio comunale (Massimo Silvano)

TRIESTE «In segno di gratitudine, per aver sostenuto con convinzione e coraggio, fino al sacrificio della vita, l’ideale di Trieste italiana, fornendo con il proprio martirio la spinta necessaria alla risoluzione dell’annosa questione del territorio di Trieste».

Si è aperta così, lunedì mattina, nella sala del Consiglio comunale, con la motivazione letta dal sindaco Roberto Dipiazza, la cerimonia ufficiale di conferimento della Civica Benemerenza del Comune alla memoria dei Caduti per l’italianità della città, in riferimento alle manifestazioni finite nel sangue fra il 4 e il 6 novembre di 70 anni fa.

«L’uccisione dei sei patrioti triestini, le medaglie d’oro al merito civile Pietro Addobbati, Erminio Bassa, Leonardo Manzi, Saverio Montano, Francesco Paglia e Antonio Zavadil, all’epoca creò una profonda commozione e l’indignazione fu grande in tutta Italia», le parole del sindaco durante la cerimonia di ieri: «Quei sei caduti del 5 e 6 novembre ’53, come ricorda bene la Lega Nazionale, mossero le coscienze delle grandi potenze occidentali, le quali compresero che occorreva dare una soluzione al problema del Territorio libero di Trieste. In meno di un anno, infatti, sarebbe stato firmato il Memorandum di Londra, che permise il ritorno dell’amministrazione italiana in città».

La cerimonia

Nella sala del Consiglio erano presenti alcuni dei familiari dei sei caduti: il fratello di Francesco Paglia, Giovanni, quello di Pietro Addobbati, Vincenzo, e il nipote di Leonardo Manzi, Roberto Nardi. Collegata da remoto, infine, la figlia di Saverio Montano, che oggi vive in Sicilia.

Il conferimento della Civica Benemerenza è stato preceduto da un incontro fra il presidente della Lega Nazionale Paolo Sardos Albertini e Dipiazza e si è concluso con la dedica apposta sul libro d’oro del Comune da parte dello stesso avvocato Sardos Albertini.

«Ai Caduti del novembre 1953: il loro sacrificio, ultimi testimoni dell’irredentismo giuliano, rese possibile la seconda redenzione della città di San Giusto, il 26 ottobre 1954, definitivamente ricongiunta alla madrepatria Italia». Subito dopo un Dipiazza visibilmente commosso ha consegnato la pergamena e la medaglia della Civica Benemerenza al presidente della Lega Nazionale. Emozionato, a sua volta, il presidente dell’assemblea Francesco Di Paola Panteca, che ha ricordato come «il Consiglio comunale rappresenta la casa di tutti i triestini. Un luogo che è stato è che sarà per sempre anche la casa dei martiri del 1953, che hanno dato la vita per la nostra città e che con questa benemerenza vogliamo ricordare per sempre». Presente all’evento di ieri mattina anche una delegazione dello stesso Consiglio comunale: Vincenzo Rescigno, Alberto Polacco, Corrado Tremul, Marcelo Medau e Lorenzo Giorgi per il centrodestra e Francesco Russo in rappresentanza dell’opposizione, oltre agli assessori Caterina de Gavardo e Maurizio De Blasio e alla parlamentare Nicole Matteoni.

Il ricordo

«L’atto di oggi – ha dichiarato Sardos Albertini – è la testimonianza di come, dopo che lo Stato ha detto grazie a questi Caduti, sia ora il Comune di Trieste a ringraziarli, a nome di tutti noi, per il sacrificio di quelli che da un certo punto di vista erano gli ultimi martiri del Risorgimento. Per questa Benemerenza, al Comune di Trieste va tutta la mia gratitudine, perché è la premessa per continuare a lavorare insieme guardando sempre al futuro». A questo proposito il presidente della Lega Nazionale ha rivolto un invito al Comune affinché si possa «apporre anche alla Foiba di Basovizza un cippo che ricordi la martire istriana Norma Cossetto».

70 anni fa

I fatti ricordati ieri mattina in Consiglio comunale riportano dunque le lancette della Storia indietro di 70 anni esatti. Il 3 novembre 1953, in occasione dell’anniversario dell’annessione della città all’allora Regno d’Italia nel 1918, il sindaco Gianni Bartoli espose la bandiera tricolore dal pennone del Municipio, ma subito gli ufficiali inglesi intervennero per rimuoverla e requisirla, in quanto contravveniva al divieto prescritto dal generale Winterton, che all’epoca amministrava la Zona A del Tlt. Il giorno dopo i manifestanti di ritorno dal Sacrario di Redipuglia improvvisarono una manifestazione per l’italianità di Trieste, repressa duramente dalla Polizia civile, i famigerati “cerini”.

Il giorno dopo ancora, il 5 novembre, di fronte alla chiesa di Sant’Antonio, seguirono altri scontri, al termine dei quali rimasero a terra sotto i colpi d’arma da fuoco Piero Addobbati e Antonio Zavadil, mentre decine di altri ragazzi vennero feriti. Il 6 novembre i tafferugli si spostarono in piazza Unità, dove i manifestanti tentarono di assaltare il palazzo della Prefettura, allora sede della Polizia civile: gli agenti reagirono sparando sulla folla, ferendo diverse persone e uccidendo Francesco Paglia, Leonardo Manzi, Saverio Montano ed Erminio Bassa.

Questi episodi avrebbero costretto alla fine le diplomazie a trovare una soluzione per Trieste: 11 mesi dopo, nell’ottobre del 1954, con il Memorandum di Londra, il Tlt venne spartito fra Zona A, assegnata all’amministrazione civile italiana, e Zona B, ceduta alla Jugoslavia.

RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo