Claudia piange lo “zio” astronauta

STARANZANO. Il sogno di incontrare il suo idolo si è definitivamente spezzato. Claudia Mion, staranzanese, nata nella notte tra il 20 e il 21 luglio, proprio mentre l’astronauta americano Neil Armstrong, comandante dell’Apollo 11 lasciava la sua orma sulla luna, ha accolto con dolore la notizia della morte, a 82 anni, dell’astronauta diventato un mito. Un legame forte quello tra Claudia e “zio” Neil, una storia che ancora oggi la donna ama raccontare alle due figlie Chiara ed Elena, non fosse altro che per spiegare la presenza di una grande fotografia con dedica dell’astronauta che si trova ancora nella casa della sua famiglia. Quel mattino d’estate di 43 anni fa, mentre Neil Armstrong toccava il suolo lunare (insieme a Edwin Aldrin era atterrato la sera precedente alle 22.17 ora italiana a bordo del modulo lunare Eagle) mamma Paola la metteva al mondo. «Mio nonno - spiega Claudia - mandò senza troppe speranze una lettera alla Nasa, l’ente spaziale americano per comunicare il lieto evento». Dopo un po’ di tempo da Cape Canaveral, che nel frattempo aveva richiesto anche il certificato di nascita per controllare se tutto corrispondesse a verità, arrivò una lettera contenente una foto di Armstrong con dedica alla neonata. Foto che Claudia ha sempre conservato fra i suoi ricordi più cari. Il legame poi è continuato con una regolare corrispondenza, specie in occasione delle ricorrenze più importanti. «Negli ultimi vent’anni però - spiega Claudia - non sono più riuscita ad avere sue notizie. Ho sempre sperato di poterlo ricontattare. La sua morte per me rappresenta un distacco dai miei sogni di bambina».
Ma Armstrong, in effetti, da queste parti è venuto, con una delegazione Usa per fare visita alla fabbrica della Eaton in via Bagni. Era il 1994. Fu un “mordi e fuggi” sensazionale, ricordato oggi dal fotografo Pino Raspar cui allora fu affidato il compito di immortalare quelle scene. «Compito difficile - ricorda Raspar - perchè Armstrong era schivo, non voleva farsi fotografare. Tanto da costringermi a “rubargli” qualche immagine col teleobiettivo».
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