Clini: «Area punto cardine per il rilancio dell’Italia»

Da Roma a Trieste. Al vertice di una realtà che già ben conosce, il Consorzio per l’Area di ricerca scientifica e tecnologica, ma per la quale vuole ritagliare sempre più un ruolo centrale. In Italia e nel mondo. Corrado Clini, neo-presidente di Area (l’ufficialità è arrivata sabato scorso) e direttore generale del ministero dell’Ambiente per lo sviluppo sostenibile, il clima e l’energia, punterà in primis su fonti rinnovabili, sicurezza alimentare, biotecnologie e conservazione del patrimonio artistico del Paese per vincere questa partita.
Clini, dopo la nomina ha subito dichiarato di voler spingere molto sulle cooperazioni internazionali. Come?Già adesso Area vanta una collocazione internazionale molto solida, frutto di importanti collaborazioni. Da fare ci sarà dunque un accurato lavoro di supporto per tutte le competenze consolidate, in modo che siano da traino a una spirale capace di dare valore economico e prospettive. Bisognerà operare molto sui finanziamenti internazionali.
Lei, a riguardo, vanta un’esperienza di non poco conto.
Mi sono occupato negli ultimi 10-12 anni di progetti-volano per investimenti pubblici e privati. I risultati raggiunti hanno mostrato un rapporto di 1 a 8 fra investimento iniziale e ritorno avuto in termini di fondi internazionali. In una situazione economica come quella italiana attuale, è giusto puntare molto su questo versante, rafforzando le linee di partnership.
In quali campi?
C’è l’energia, con la ricerca di nuove fonti energetiche. Quelle rinnovabili hanno grandi potenzialità: nel solare, per esempio, il pannello fotovoltaico utilizza oggi il 14% dell’energia che arriva dal sole. L’86% non viene usato: la scommessa è di impiegarne sempre di più al meglio. In questo settore il trend di investimento è uguale a quello vissuto negli anni Novanta dal mondo della comunicazione e delle tecnologie. Oltre a ciò, Area può entrare sempre più nella partita delle biotecnologie, collegandosi in particolare con il solare per ciò che attiene la bioenergia.
E la sicurezza alimentare?
È un’altra scommessa internazionale. Sia in termini di capacità di produzione, ogm inclusi, per garantire la possibilità di coltivare anche in zone di degrado dei suoli o in condizioni estreme. Sia sul fronte sanitario e ambientale, con nuove certificazioni tecnologiche. L’Italia potrà inoltre puntare ancora di più sulla conservazione dei suoi beni storici e culturali, per la quale servono tecnologie raffinate e accurate. L’integrazione di competenze di Area con questa attività potrebbe essere interessante. Ci sono poi tutti i settori applicativi, dalla domotica ai trasporti a bassa emissione.
Intende dire che Area Science Park può diventare un punto di riferimento per il rilancio economico complessivo dell’Italia?
Area deve servire a questo. Trieste è la città ideale per ospitare un’incubazione delle idee, essendo già sede di grandi istituzioni internazionali.
La sua tesi di specializzazione - nel 1975 – era stata dedicata al tema della cokeria della Ferriera di Servola e ai collegati rischi per la salute dei lavoratori. Area può aiutare anche a sciogliere il nodo Ferriera?
Oggi esistono le tecnologie per migliorare la situazione e renderla compatibile con l’ambiente, ma servono investimenti da parte delle imprese se interessate in prospettiva. È una legittima valutazione delle aziende. Se si spera nelle risorse pubbliche, non ci sono speranze. In generale, Area può condividere con le amministrazioni del territorio l’individuazione di opportunità diverse di sviluppo di aree utilizzate oggi con modelli di sviluppo industriale legati al passato. Al fine di sostituirli cioè con nuove tecnologie.
Lascerà l’incarico ministeriale?
Per il momento no, non è incompatibile. In un arco di tempo non troppo lungo, dovrò però dedicarmi di più ad Area. Ora dobbiamo determinare le strategie e programmare il lavoro con cda e struttura. Poi, sarà necessario scegliere.
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