Come fa un virus a scappare dal laboratorio?

C’è un misto di curiosità scientifica, opportunismo politico e risentimento economico, le cui proporzioni sono difficili da districare, dietro la crescente pressione per capire da dove sia improvvisamente comparso Sars-Cov-2.
Mauro Giacca

TRIESTE C’è evidentemente un misto di curiosità scientifica, opportunismo politico e risentimento economico, le cui proporzioni sono difficili da districare, dietro la crescente pressione per capire da dove sia improvvisamente comparso Sars-Cov-2.

La cronologia degli eventi è nota. Il 30 dicembre 2019 le autorità cinesi allertano l’Oms e il Program for Monitoring Emerging Diseases sul fatto che una polmonite di causa ignota si sta diffondendo a Wuhan. Il 20 gennaio il virus che causa la polmonite viene sequenziato e identificato come un nuovo coronavirus, mai visto prima, che viene provvisoriamente chiamato 2019-nCoV (il nome diventerà poi Sars-CoV-2).

Vista questa dinamica di eventi e il tempo materiale di laboratorio per arrivare all’isolamento del virus e al suo sequenziamento, è quasi certo che il virus sia stato in circolazione almeno dall’autunno del 2019 (se non prima). Rimane il problema di capire da dove Sars-CoV-2 provenga. Molte delle malattie virali (tra cui, ad esempio, Zika ed Ebola), sono delle zoonosi, ovvero sono causate da virus che saltano da specie animali all’uomo, acquisendo delle mutazioni che consentono l’adattamento alla specie umana.

Questo è avvenuto per i due cugini di Sars-CoV-2, i coronavirus della Sars nel 2002 e della Mers nel 2012. Sembra quindi plausibile che lo stesso possa essere avvenuto anche per Sars-CoV-2. Due articoli pubblicati su Lancet a febbraio e su Nature Medicine a marzo dello scorso anno sembrano suffragare questa ipotesi: l’analisi delle sequenze indicherebbe che un virus simile a Sars-CoV-2 si è originato nel pipistrello a ferro di cavallo (Rhinolophus spp.) a partire da un virus endogeno in questa specie, per poi passare ad una specie intermedia non meglio definita e infine arrivare all’uomo.

Questa ipotesi è di nuovo modellata su quello che sappiamo per i coronavirus della Sars, partito dal pipistrello e transitato attraverso i gatti civetta (gli zibetti) e della Mers (transitato attraverso i dromedari). Una commissione nominata dall’Oms che visita i laboratori di Wuhan nel novembre 2020 supporta questa conclusione. Ma questa spiegazione non risulta convincente perché mancano due tasselli fondamentali: primo, dove si trovano i pipistrelli che albergano questo ipotetico virus precursore di Sars-CoV-2 e, secondo, quale è l’animale intermedio che lo ha fatto arrivare all’uomo. Il 14 maggio scorso, 18 prominenti ricercatori firmano una lettera su Science chiedendo che venga fatta chiarezza sull’eventuale possibilità che il virus sia invece sfuggito accidentalmente dal Wuhan Institute of Virology, uno dei centri più avanzati al mondo proprio nello studio dei coronavirus (una coincidenza oggettivamente inquietante che questo laboratorio sorga proprio dove la pandemia è iniziata).

Ma come fa un virus a “fuggire” da un laboratorio di ricerca? Tipicamente, infettando accidentalmente uno dei ricercatori, che poi lo diffondono in giro. Una delle tematiche di ricerca più interessante sui coronavirus è quella di capire come questi virus si adattino a una determinata specie. Questa proprietà è una caratteristica della proteina spike del virus (la stessa che si usa nei vaccini). Ecco allora che uno egli esperimenti che vengono spesso compiuti è quello di ottenere virus “chimerici”, in cui la proteina spike viene sostituta da un’altra variante naturale o da una variante ottenuta in laboratorio introducendo delle mutazioni che si vogliono studiare. Questi virus possono essere utilizzati per infettare cellule umane in coltura o anche animali “umanizzati”, ovvero ottenuti inserendo il recettore umano per il coronavirus oggetto di studio all’interno del genoma di altre specie. Pubblicazioni scientifiche e dichiarazioni da parte di un collaboratore negli Stati Uniti indicano che il gruppo di ricerca prominente del Wuhan Institute of Virology, durante una serie di spedizioni nei 6-7 anni precedenti, aveva isolato più di un centinaio di coronavirus dei pipistrelli, che il laboratorio stava appunto studiando. Dal momento che il virus del pipistrello più simile a Sars-CoV-2 (chiamato coronavirus RaTG13) è stato trovato nelle grotte di Yunnan, una regione nel sud della Cina che dista più di 1500 km da Wuhan, se la trasmissione fosse stata direttamente dal pipistrello all’uomo ci si sarebbe aspettati che questa fosse avvenuta tra le persone che vivono vicino alle grotte di Yunnan appunto, e non a Wuhan. Se invece ci fosse stato un ospite intermedio (ad esempio, il pangolino come si era originariamente ipotizzato, questo avrebbe dovuto viaggiare dallo Yunnan a Wuhan senza infettare nessun altro nel tragitto. Peraltro, l’ospite intermedio del virus della Sars è stato trovato dopo 4 mesi e quello della Mers dopo 9 mesi dall’inizio delle rispettive epidemie. Quello ipotetico di Sars-CoV-2 è ancora sconosciuto dopo 18 mesi di intensa ricerca.

Questi sono di fatto i motivi per cui ora c’è tanta pressione sul Wuhan Institute of Virology affinché apra i propri libri di laboratorio e mostri le sequenze dei ceppi di coronavirus che stava studiando nel 2019 e sulle autorità sanitarie cinesi per capire di cosa si fossero ammalati gravemente i tre ricercatori dell’Istituto nel novembre 2019.

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