Compie cento anni l’ex Bagno Trieste di Punta Sottile

di Ivana Gherbaz
MUGGIA
Il piroscafo San Marco arrivava sbuffando fumo nero. Giovani donne in abiti di trina di lino bianco, con l'ombrellino per proteggersi dal sole, scendevano accompagnate sulla passerella da giovanotti vestiti di tutto punto in completo nero.
Allo stabilimento balneare di Punta sottile distendersi sul prato a prendere il sole, immergersi nell'acqua dal morbido fondale sabbioso, godersi un panorama a perdita d'occhio che va da Pirano al castello di Miramare, era un lusso destinato a pochi. Era il 1911, Giovanni de Almerigotti aveva ereditato dal padre Giuseppe un patrimonio che si estendeva per 35 mila metri quadrati lungo tutta la Punta sottile. Tra gli abituali frequentatori dell'epoca anche Lodovico Salvatore principe d'Asburgo-Toscana che da quelle parti aveva una delle sue residenze.
Ma in questi cent'anni sul quel pontile che si affaccia sul mare e all'ombra degli alberi secolari ci è passata la storia di un secolo. Acquistato nel 1939 dalla famiglia Vidali, nello stesso anno, sotto il regime fascista, fu requisito prima dalla Guardia di finanza e poi dai nazisti. Per diventare dal 1945 residenza abituale dei due governatori del Governo militare alleato l'inglese Alfred Bowman e l'americano Thomas Winterton che vi arrivava in motoscafo. E tornare di nuovo alla famiglia Vidali fino ai primi anni novanta.
Oggi questo è un luogo libero, dice Mara Taccardi che, assieme al marito Sabino Taccardi, ha acquistato lo stabilimento messo all'asta nel 1997, dopo una disastrosa gestione iniziata nel 1992 e conclusasi con un fallimento. Conosciuto e chiamato un tempo anche Bagno Trieste, perché frequentato solo da triestini, i muggesani non ci mettevano piede, oggi conserva ancora il fascino di un luogo ricco di storia.
Alle sei e tre quarti, da un secolo, suona una campana per avvisare che il bagno sta per chiudere. Una campana, che racconta Mara Taccardi, si tramanda in eredità da sempre, trovata su di una nave inglese affondata nei pressi dello stabilimento. Ogni particolare nasconde un suo aneddoto e tanti altri ce ne saranno da scoprire. All'entrata, ad esempio, spicca un obelisco che serviva, assieme ad altri due ora scomparsi, per orientare le alzate delle cannonate lanciate dalla fortezza contro le navi che tentavano di avvicinarsi alla riva. All'epoca dei cantieri navali veniva usato invece come punto di riferimento per il miglio lanciato durante la prova dei motori delle navi, così racconta Sabino Taccardi. Ma oggi, si potrà ricordare assieme alla famiglia Taccardi, un secolo di storia di uno dei pochi stabilimenti triestini che ha conservato gelosamente la sua memoria grazie alla passione dei suoi gestori. Si farà festa, accompagnati da un percorso fotografico di narrazione - a restare affascinato da quei luoghi anche Henri Cartier-Bresson - che riunisce le storie di un tempo con quelle di oggi.
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