«Con l’accoglienza non ci si arricchisce»

«L’accoglienza è un business? È una strana obiezione. Noi, cooperativa sociale, svolgiamo un servizio definito da un bando pubblico che definisce i nostri obblighi nei confronti dei fruitori (le persone ospitate) a fronte di un corrispettivo. La gestione, ripeto, è soltanto “economicamente sostenibile”, non certamente fonte di chissà quali guadagni. Piuttosto di alimentare facili polemiche, auspichiamo che si avvii un serio confronto, anche acceso ma costruttivo, su quale debba essere il modello di accoglienza che il nostro Paese e l’Europa adottano, considerando che quanto oggi si realizza è una dignitosa assistenza di base. Serve un respiro ben più ampio partendo da valori importanti. Ci piacerebbe si parlasse di questo».
Mauro Perissini, presidente de “Il Mosaico”, il consorzio di cooperative che gestisce il più grande centro d’accoglienza di Gorizia (il Nazareno) e il campo allestito a San Rocco da Medici senza frontiere, fornisce una disamina a 360 gradi del nodo-accoglienza, a partire dall’attività svolta proprio al Nazareno. E non mancano gli spunti di riflessione.
L’esperienza
di via Brigata Pavia
«Un bilancio - esordisce - non è semplice per i tanti aspetti che si intrecciano in questa esperienza. È iniziato a settembre 2014, per la grave situazione d’emergenza di Gorizia, grazie alla disponibilità da parte dell’Arcidiocesi ed in particolare delle Suore della Provvidenza della struttura del Nazareno. È stata un’occasione interessante che ci ha permesso di riflettere sul significato della nostra presenza e del nostro agire in queste comunità. Abbiamo deciso - racconta il presidente del Mosaico - di buttarci e rischiare in un momento non facile e oggi siamo soddisfatti di come questo servizio è condotto. Siamo venuti a contatto con persone di altri mondi e di altre culture: in questi anni gli ospiti che hanno soggiornato almeno una notte al “Nazareno” sono stati 731».
Ma ci sono mai stati problemi, se non di ordine pubblico, comportamentali? «Non abbiamo riscontrato, nelle strutture, significativi problemi di comportamenti inadeguati o dannosi - risponde Perissini -. Ogni ospite viene costantemente istruito in maniera molto precisa dai mediatori e dagli operatori consortili anche in relazione ai suoi doveri all’esterno del centro stesso: un’intensa collaborazione con la Questura di Gorizia, inoltre, consente di prevenire ed affrontare al meglio ogni possibile criticità».
Il villaggio
ex Msf
Il pensiero poi passa al villaggio ex Msf di San Rocco, allestito all’esterno del San Giuseppe. «Funziona a pieno regime, anzi potremmo dire paradossalmente che funziona troppo nel senso che esso nasce e si configura come hub, con una permanenza degli ospiti molto limitata nel tempo. Sappiamo bene che, in questi ultimi periodi, l’aumentato flusso delle persone e la difficoltà del sistema complessivo nazionale ad accogliere tali persone in altri contesti, la permanenza al “San Giuseppe” si sta allungando oltre quelli che erano i tempi desiderati. In questo caso siamo ancora in un rapporto diretto con la Prefettura proprio in ragione dell’emergenza che si è manifestata ma è già stata avviata la procedura per un bando a cui parteciperemo. Gli ospiti oggi sono 96, che rappresenta la capienza massima del centro, mentre le persone che sono transitate sono state 680». Ma come sono i rapporti con la Prefettura, con la Caritas e con il Comune? «I rapporti con le istituzioni citate sono ottimi e aggiungerei anche quelli con la già citata Questura, la Croce Rossa di Gorizia e la Aas 2. Confermiamo la grande soddisfazione di costituire un partner di fiducia dell’Arcidiocesi e della Caritas con cui collaboriamo peraltro da molti anni, anche in altri settori. In particolare, con la Prefettura il rapporto, nelle rispettive competenze e responsabilità, è improntato costantemente ad una partnership finalizzata alla risoluzione dei bisogni degli ospiti e dei problemi che la loro presenza può anche costituire in un contesto sociale di una comunità».
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