Contrabbando di gasolio Bottino da 120mila litri

In dieci verso il processo per una serie di maxi importazioni illecite dalla Slovenia Il contenuto dei fusti dei camion spacciato per prodotti differenti dal carburante
Di Corrado Barbacini
Lasorte Trieste 23/09/12 - Muggia, Rabuiese, Confine
Lasorte Trieste 23/09/12 - Muggia, Rabuiese, Confine

Proprio come negli anni lontani, quando si andava in “Jugo” e si tornava a casa con le taniche di benzina sistemate in auto nei modi più incredibili per nasconderle agli occhi dei finanzieri al passaggio del confine. Che è capitato stavolta, però, va ben oltre quelle taniche, ne rappresenta una degenerazione dalle proporzioni gigantesche. Ora che i valichi non esistono più, infatti, quanto accaduto di questi tempi - pur in enormi fusti e non in taniche - sembra far tornare in “auge” il fenomeno dell’accapparramento del carburante più a buon prezzo d’oltreconfine.

Nei guai sono finiti in dieci tra autisti, intermediari e anche destinatari di oltre 120mila litri di gasolio che i finanzieri avevano intercettato in appena quattro mesi, da febbario a giugno 2015. I nomi sono quelli di Erik Kocevar, 29 anni, Andrej Trampuz, 59, Primoz Tavcar, 46, Klavdnij Zulian, 53, Nicodemo Federico, 59, Riccardo Cinquini, 54, e Giorgio Marsili, 58. E anche quelli - in un altro fascicolo - di Mario Tomarchio, 37, Giuseppe Esposito, 45, e Donato Mecca, 58.

Sono tutti accusati a vario titolo dal pm Pietro Montrone - il magistrato titolare delle indagini raccontate appunto in due differenti fascicoli che erano scattate dopo un controllo casuale della guardia di finanza - di contrabbando di olio lubrificantre destinato all’autotrazione. In realtà carburante che sarebbe dovuto essere poi commercailizzato da qualche distributore compiacente. Compariranno il prossimo mercoledì davanti al gip Luigi Dainotti al quale il pm Montrone ha chiesto il rinvio a giudizio. Difensori gli avvocati Sasha Kristancic, Maria Cristina Birolla, Mauro Baisiolo, Paolo Mei, Carla Frizilio e Salvatore e Federico Sciullo.

Una premessa è d’obbligo: la legge prevede che si possa importare in Italia, in taniche di scorta, non più di dieci litri di carburante. Oltre questo limite, infatti, il carburante non si considera più detenuto a uso privato ma a fini commerciali. Insomma, quello che viene imputato è il contrabbando di carburante e la sanzione per il mancato rispetto della normativa prevede, in caso di condanna, la reclusione da sei mesi a tre anni e una multa pari a un importo che va dal doppio a dieci volte l’imposta evasa

L’ultimo episodio porta la data del 4 giugno del 2015. Una pattuglia della Tenenza di Muggia aveva intercettato un autoarticolato in arrivo dalla Slovenia che, attraverso Rabuiese, stava entrando nel territorio nazionale trasportando ben 26mila litri di prodotto petrolifero, dichiarato “olio lubrificante”, confezionato all’interno di fusti da mille litri di capacità ciascuno. Ma quello nelle taniche non era olio lubrificante. Era in realtà gasolio per alimentare i motori diesel. Questo era emerso dalla verifica dell’intero carico. Subito erano scattati il sequestro del mezzo e dei 26mila litri di gasolio presenti nei contenitori. Il conducente del mezzo, un cittadino sloveno, era stato subito denunciato. Ipotesi di reato sottrazione del prodotto petrolifero al pagamento dell’accisa.

Ma, appunto, nei mesi precedenti, di analoghi sequestri, sempre a Rabuiese, ce n’erano stati altri due. Il primo porta la data del 16 febbraio. In quell’occasione era stato fermato un autoarticolato che trasportava 21.760 chilogrammi di “olio” anche in questo caso fuorilegge. E così anche una settimana dopo: il 24 febbraio. Altri 21.600 litri di olio “da gas” destinato all’autotrazione che sui documenti risultava essere sempre olio lubrificante. Dagli accertamenti dei finanzieri era anche emerso che i luoghi di destinazione riportati sui documenti di viaggio erano falsi. Poi altri due sequestri in contemporanea erano scattati il 15 aprile. Entrambi di oltre 21mila litri di gasolio. In un caso - addirittura - mettendo alla prova le conoscenze geografiche dei finanzieri i contrabbandieri avevano indicato la Grecia come destinazione finale della merce. Una meta, viene precisato nella richiesta di rinvio a giudizio del pm Montrone, «incompatibile con il tragitto del veicolo».

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