Contratti a termine e “decreto dignità” In città a rischio 1.800 lavoratori

Imprese edili, bar, ristoranti e negozi: le categorie in allarme Eva di Confartigianato: «Gli effetti? Rinnovi più complicati»
France, Monaco, waitress of the Montecarlo Bay Hotel
France, Monaco, waitress of the Montecarlo Bay Hotel



Non meno di 1.800 lavoratori a Trieste campano con i contratti a termine nel mondo dell’artigianato, del terziario, dei pubblici esercizi. Una stima di massima, sicuramente per difetto, frutto di veloci elaborazioni impostate dalle associazioni di categoria più immediatamente interessate. Mille nell’artigianato, circa 300 nel commercio, oltre 500 tra bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie.

Sul mercato occupazionale triestino 1.800 persone rappresentano una realtà molto importante: per questo il recente decreto legge governativo, che introduce «misure urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese», preoccupa perché rischia di mettere a repentaglio posti che, per quanto precari, consentivano comunque un diffuso impiego. Come anticipato, il settore dal punto di vista quantitativo più esposto è quello artigianale con oltre mille contratti a tempo determinato, concentrati soprattutto nell’edilizia, dove vige la tradizionale stagionalità legata alla durata del cantiere.

«C’è stato quasi un assedio ai nostri uffici di via Cicerone - racconta il segretario generale di Confartigianato Enrico Eva - dove un centinaio di imprenditori è venuto a chiedere lumi sulle nuove regole». «Regole - osserva il manager - che consideriamo immotivate, perché disincentivano le micro-aziende a prendere e a formare operatori». Al proposito il dirigente confartigianale estrae una lettera preparata dalla consulente del lavoro Cristiana Viduli, che puntualizza i passi caratterizzanti del cosiddetto “decreto dignità”. I contratti possono protrarsi al massimo per 24 mesi, contro i 36 del regime precedente. Una volta le opportunità di rinnovo erano 5, oggi sono scese a 4. La tassazione è aumentata dello 0,5%. Sale a 270 giorni il termine entro il quale il lavoratore potrà impugnare il contratto a termine cessato. Inoltre dopo la prima tornata, il datore di lavoro deve motivare - insiste Eva - molto bene la richiesta di un rinnovo, perché altrimenti il contratto si trasforma da determinato a indeterminato. «Ma la maggior parte delle micro-aziende - s’inalbera il segretario confartigianale - non è in grado di motivare in maniera circostanziata le ragioni del rinnovo, perché la congiuntura non è prevedibile. E allora sa cosa succederà? Ogni volta l’imprenditore cambierà il soggetto contrattualizzato, sprecando il tempo impiegato per insegnargli il mestiere».

A loro volta i pubblici esercenti sono attoniti. Nella Trieste che aspira a un futuro turistico, Fipe censisce oltre 500 casi nei circa 800 luoghi del cibo e della somministrazione. «In questo Paese fanno di tutto per impedire di lavorare - lamenta il presidente Bruno Vesnaver -, un sistema che non può funzionare». Perché tutto rema contro l’intrapresa: la reintroduzione della causalità del rinnovo, la decurtazione della durata massima... «Si parla tanto di semplificazione, invece si continua ad appesantire le procedure, la cancellazione dei voucher toglie la possibilità di gestire l’estate». Che una corretta amministrazione dei voucher rappresentasse una buona soluzione della stagionalità lavorativa, è un argomento sul quale concorda Franco Rigutti, vicepresidente di Confcommercio Trieste. «Per quanto riguarda il comparto commerciale - precisa - la misura sui contratti a tempo determinato interessa forse più la grande distribuzione che quella tradizionale, costituita per lo più da micro-piccole imprese».

A ogni modo - riepiloga Rigutti - i contratti in essere seguiti da Confcommercio sono poco meno di 300. «Dubitiamo - incalza - che l’azione dell’esecutivo a questo proposito possa tradursi in un incremento di stabilità occupazionale, piuttosto c’è il rischio che si restringa ora per i giovani una porta d’ingresso nel mondo del lavoro che comunque assicurava regole e tutele ben definite». «La reintroduzione delle causali - conclude la riflessione di Rigutti - penalizzerà in particolar modo le imprese del terziario e del turismo in primis, che utilizzavano in misura notevole questo format». —



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