Coop, finita la guerra: licenziamenti azzerati

Niente mobilità per 78 dipendenti e non più di 35 uscite anticipate volontarie Per due anni il salario fisso è congelato e le domeniche varranno meno
Di Piero Rauber
Silvano Trieste 21/12/2013 Piazza Goldoni, presidio lavoratori delle Coop
Silvano Trieste 21/12/2013 Piazza Goldoni, presidio lavoratori delle Coop

Era l’altro anno. Solo per il calendario, peraltro, visto che se ne parlava a dicembre e adesso siamo a gennaio. È passato un mese, insomma. Pare un secolo. Ieri sera, in effetti, al termine di un incontro-fiume durato quasi tutto il giorno i vertici triestini e regionali di Filcams, Fisascat e Uiltuc (ovvero i sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil, quelli dell’Ugl hanno invece in agenda un analogo confronto oggi) e il management delle Cooperative operaie di Trieste, Istria e Friuli (rappresentato nell’occasione dal direttore generale Pier Paolo Della Valle e dal capo del personale Gianfranco Beltramini) hanno chiuso un accordo che fino a un pugno di giorni addietro - giorni culminati nello sciopero senza precedenti (con adesioni per la verità contenute) proclamato il sabato prenatalizio, fra minacce reciproche e tavoli saltati - sembrava ai più impossibile. Tale accordo, in particolare, stoppa i venti di licenziamento per un buon 10% del parco dipendenti, fatto di oltre 700 persone, e soffia invece, per un 5% dello stesso totale dei lavoratori, su quelli che nella forma si configurano come possibili “scivoli” non impugnabili e nella sostanza sono uscite anticipate su base volontaria per chi è più o meno prossimo alla pensione.

Il 2014, evidentemente, ha portato consiglio a entrambe le parti in causa. O forse paura che la situazione degenerasse. E, quindi, consapevolezza che un patto andava raggiunto. Facendo un passo indietro a testa. Ne è uscito, per l’appunto, un accordo-ponte valido per due anni che lunedì sera sarà sottoposto dai sindacati, in assemblea, ai lavoratori che essi rappresentano. Il passo indietro delle Coop - come è stato riferito nella serata di ieri a botta calda da alcuni dei presenti al confronto, mentre erano in dirittura le firme - si sostanzia, grosso modo, nel ritiro dell’annunciata procedura di mobilità per 78 dipendenti, nonché nell’abbandono delle proposte di pagare un tot di stipendio in buoni spesa, e di uniformare a 40 ore per tutti e per la stessa paga di prima la settimana lavorativa (gli assunti prima del 2011 ne fanno 38).

Il passo indietro sindacale, compiuto allo specchio da Filcams, Fisascat e Uiltuc, ha consentito a propria volta la definizione di quell’accordo-ponte che, superando l’integrativo disdetto unilateralmente dai vertici aziendali a fine 2013, e imponendo di stringere la cinghia per il biennio che verrà, dovrebbe accompagnare le Coop al di là delle secche della crisi, attraverso un risparmio sul costo del lavoro vicino al “magic number” individuato dagli amministratori in tre milioni e duecentomila euro. Ma cosa prevede questo patto? Sostanzialmente quattro punti. Primo: il blocco del premio di produzione, dunque il congelamento del cosiddetto salario fisso. Secondo: una maggiore flessibilità delle mansioni di un dipendente all’interno del suo stesso luogo di lavoro. Terzo: il dimezzamento della maggiorazione dei compensi domenicali, dal 70% al 35% in più rispetto a una giornata feriale. Quarto: la possibilità che le ore di straordinario fatte vengano “ripagate” in ore di riposo entro sei mesi, sennò scatta comunque la liquidazione in denaro del servizio “onorato” al di là dei turni normali.

@PierRaub

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