Così vicini, così lontani Luzzatto e Nathan tra critica e grande arte

Collaboratore di giornali e riviste tra cui “La Sera”, “Le Arti Plastiche”, “Il Giornale dell'Arte” e “La Casabella”, il milanese Guido Lodovico Luzzatto (1903-1990) è stato una figura importante per il mondo dell'arte europea della prima metà del Novecento. A lui si devono l'aggiornamento in Italia degli sviluppi sulla pittura espressionista tedesca e testi critici su giganti della storia dell'arte come Kokoschka e Chagall, coi quali fu anche in corrispondenza, nonché la prima monografia italiana su Van Gogh edita nel ’36 da Guanda.
Luzzatto, antifascista della prima ora e figlio di uno dei dodici professori che nel '31 rifiutarono il giuramento al regime di Mussolini, fu anche la firma che da Parigi, città in cui si concentravano le redazioni dei giornali antifascisti, raccontò i fatti italiani costruendo una partecipata cronaca della campagna razziale dai toni simili a un diario, angosciante, sulla precarietà dell'esistenza, prima di essere lui stesso costretto all'esilio durante gli anni della guerra. Una mostra al Museo del Novecento di Milano, curata da Valeria Iato e Paolo Rusconi e realizzata grazie all'apporto della Fondazione Luzzatto, ricostruisce l'esistenza e il lavoro di questo personaggio: “Frontiere varcate – Il critico Guido Lodovico Luzzatto”, da poco inaugurata, resterà aperta al pubblico fino al 31 luglio.
Sul fronte dell'arte italiana di quel periodo, Luzzatto è particolarmente interessato agli artisti che conducono una ricerca personale coerente e utile a definire i nuovi valori della pittura, come Felice Casorati, e che in alcuni casi operano isolati senza approfittare di situazioni che aiuterebbero il loro successo, come Arturo Nathan. Il rapporto tra Luzzatto e l'artista triestino, appartato per natura e poco conosciuto al di fuori di Trieste, viene rafforzato dalla presenza di una donna, Anna Coen Porto, cugina veneziana del critico e amica di Nathan. Tra i due uomini intercorre un carteggio a cavallo tra gli anni Venti e Trenta e alcune di queste lettere e cartoline inedite sono esposte a Milano e compaiono nel catalogo della mostra in via di pubblicazione, curato da Valeria Iato e intitolato “Guido Lodovico Luzzatto – Critico d'arte militante” (Scalpendi Editore).
La notizia del ritrovamento delle lettere di Nathan alla Fondazione Luzzatto era stata data da “Il Piccolo” nel 2010 in occasione di un'intervista di Flavia Matitti a Daisy Nathan: allora era stata anche riprodotta una lettera del pittore. Ora il restante carteggio e il materiale documentario della mostra permettono di approfondire questa pagina della carriera di Nathan. Luzzatto si era imbattuto nelle opere del triestino alla Biennale di Venezia: nel '26 aveva visto un disegno, “Autoritratto”, nel '28 l'acquerello “Malinconia di naufragio”; poi nel '29 aveva potuto osservare altri sedici lavori nella mostra che a Milano aveva visto Nathan esporre accanto a due amici artisti concittadini, Leonor Fini e Carlo Sbisà.
Già nel '26 il critico contatta il pittore per avere una foto del disegno da pubblicare insieme alla recensione sulla ri “Il Mondo;” gli risponde Nathan: «Egregio Sig. Luzzatto, a quest'ora Lei avrà già ricevuto la fotografia del mio disegno, per mezzo della Signorina Anna Coen Porto. Mi fece molto piacere apprendere che il mio lavoro Le parve interessante, perché so che Lei si occupa di critica d'arte con moltissima competenza».
La foto inviata al critico dalla cugina è accompagnata da una lettera di lei in cui dice: «L'autore e la famiglia dell'autore sono molto lusingati tanto più che qui a Trieste il quadro ha avuto una critica molto cattiva. Credo l'autore voglia scriverti direttamente anche per altri suoi lavori». L'autoritratto a matita piace a Luzzatto che ne apprezza la linearità e la solidità: «È più quadro di moltissimi ritratti dipinti», la sua unica perplessità riguarda lo sfondo che «toglie un po' di fede nella spontaneità, nella schiettezza del lavoro». Nathan gli risponde: «Se dovessi rifare il lavoro, credo che quelle architetture riapparirebbero, perché il mio istinto, le mie inclinazioni naturali mi condurrebbero nuovamente a raffigurare quegli archi, quelle costruzioni cilindriche. Tutto ciò non significa che necessariamente il mio sfondo debba essere una bella trovata».
Il rapporto tra i due si intensifica, il critico scrive un pezzo più approfondito sull'artista e nel novembre del '30 da Venezia Luzzatto, insieme alla cugina Anna, si reca a Trieste e conosce Nathan di persona. Nella sua agenda il critico annota: «Mattino: con Arti Nathan – visita a Smolensky. Pomeriggio: in automobile a Miramare – treno – lettura Voss». Dopo questo incontro, Luzzatto modifica in parte l'articolo su Nathan però, malgrado il suo impegno, il pezzo viene respinto sia dalla rivista tedesca Das Kunstblatt che da Arti Plastiche. “Il soliloquio di Arturo Nathan” uscirà solo nel '33 sulla rivista Espero e il tenore sarà questo: «L'opera così esigua di Arturo Nathan si condanna da sé: in quanto, nella sua materiale concretezza, non basta a sé stessa, non ha sufficiente ragione di essere nel proprio contenuto: non c'è. Considerata dal di fuori, quest'opera deve svilupparsi in qualche modo, diffondersi, attuarsi».
Per il critico a queste creazioni manca qualcosa per poter essere considerate quadri, vanno bene come illustrazioni di libri. Solo un dipinto, “Il cavallo smarrito”, è per Luzzatto un'opera «di espressione coloristica e che costituisca quindi un quadro».
La delusione di Nathan è cocente, tanto più che l'analisi del critico sembra fermarsi alla sua produzione di molti anni prima, al periodo delle Biennali degli anni Venti e della mostra di Milano: «Quanto Lei scrisse è appropriato alla mia opera meno recente. Dalla fine del '28 i miei lavori hanno assunto un carattere diverso, almeno formalmente. Lo spirito non è cambiato ma il linguaggio mediante il quale io esprimo le mie concezioni e concreto le mie immagini non è più quello della Malinconia di naufrago, dell'Esiliato o del Cavallo smarrito. Non so se Lei conosca la mia pittura degli ultimi anni. Questa è propriamente “pittura” e non disegno più o meno colorato. Ho dipinto veramente alcuni “quadri”. Il disegno colorato non mi basta più».
Luzzatto scrive ancora di Nathan nel '36: «L'Artista non cerca effetti brillanti, insiste quasi dolorosamente sugli stessi motivi, misteriosamente raccolto su se stesso». Il pittore forse si sente compreso e ringrazia con una cartolina che riproduce l'”Adorazione dei magi” di Gentile da Fabriano.
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