«Così vogliamo salvare Ideal Standard»

Gian Mario Petozzi presiede la nuova coop IdealScala: «Impianti e strutture gratis, 6/7 milioni per ripartire»
Di Massimo Greco

TRIESTE. Gian Mario Petozzi ha trascorso poco meno di trent’anni della sua vita nello stabilimento Ideal Standard di Orcenico, che la multinazionale, pilotata dal fondo statunitense Bain Capital, ha deciso di chiudere. Ma non si rassegna a questo mesto epilogo, fonda e presiede una cooperativa chiamata “Ceramiche IdealScala” e tenta un’operazione che, se gli riuscisse, farebbe di Orcenico un caso nazionale: rilevare e rilanciare la produzione di ceramica sanitaria nel sito friulano, dove l’ultimo forno è stato spento. «Se va a buon fine sarà un’impresa storica», commenta Petozzi tra una domanda e l’altra.

Qual’è la prima cosa di cui ha bisogno Orcenico per ripartire?

Che Ideal Standard ci conceda, a condizioni di assoluto favore, l’utilizzo di impianti e strutture. La cifra dovrà essere simbolica, perchè il gruppo, chiudendo una fabbrica che dava lavoro a circa 400 persone, ha causato un grave danno al territorio.

Crede che la multinazionale aderirà alla vostra richiesta?

Ci sono accordi firmati, i ministeri vigilanti terranno gli occhi aperti. Sappiamo che il ministro Giuliano Poletti segue con attenzione il nostro caso.

Ma avrete bisogno anche di denaro.

Abbiamo calcolato un fabbisogno finanziario iniziale di 6/7 milioni, che pensiamo di mettere insieme i in parte investendo i soldi della mobilità, in parte attingendo alle risorse delle finanziarie legate al mondo cooperativo, in parte ricorrendo agli specifici contributi della Regione Fvg.

Anche dal punto di vista produttivo e commerciale vi servirà un traino iniziale.

Certo, per la start-up serviranno attività conto terzi e marchi, che speriamo siano resi disponibili dalla stessa Ideal Standard. Se la multinazionale non ci dovesse dare questo supporto d’avvio, riteniamo di poter ovviare con la nostra professionalità: a Orcenico le competenze non mancano, saremmo in grado di elaborare brevetti per nuovi prodotti. Alla rete commerciale sta invece pensando Bpi, la società di Obiettivo Lavoro che è tornata in campo per aiutarci.

Quanti ex dipendenti credete di riassorbire?

In una prima fase circa 150, che tra l’altro è il numero di coloro che hanno chiesto di partecipare alla coop. Con un successivo ampliamento della produzione contiamo di reinserire un altro centinaio di addetti. Poi ci sono i lavori dell’indotto: manutenzioni, logistica, pulizie. Insomma, se i vari passaggi dovessero incastrarsi secondo previsione, tutti i dipendenti in uscita da Orcenico verrebbero ri-occupati.

Se questa fabbrica ha competenze e qualità produttiva, perchè Ideal Standard ha voluto chiuderla?

In un primo tempo avevano detto che Orcenico aveva costi troppo alti. Abbiamo smontato questi rilievi, cifre alla mano, e allora hanno ripiegato sulla sovracapacità produttiva. Secondo me, in realtà, la vera ragione è che ai politici veneti è riuscita l’azione di lobbyng a difesa di Trichiana, lo stabilimento bellunese. Ma Trichiana e Roccasecca (il sito in Ciociaria, ndr) non si dovranno fare tante illusioni: Ideal Standard mira a trasferire le attività produttive italiane in Bulgaria.

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