Costo del lavoro Gorizia soccombe
Non c’è partita con Nova Gorica dove un operaio costa all’azienda il 45% in meno. «Svantaggio macroscopico»

14/05/2010 Roma, cantiere del Nuovo Centro Congressi 'Nuvola'
In campo fiscale, non c’è partita fra Italia e Slovenia, fra Gorizia e Nova Gorica. Poniamo che un’impresa guadagni 250mila euro. “Di qua”, al netto delle imposte, incamera 171.500. La stessa azienda, appena oltre il confine, in Slovenia, porta a casa 187.500 euro. Perché? La pressione fiscale per le aziende del Goriziano, rispetto alle concorrenti d’oltreconfine, è superiore del 13%.
A puntare la lente d’ingrandimento su questo, complesso tema sono i commercialisti Vittorio Pella e Piergiorgio Strizzolo: hanno dato vita a una nuova puntata del loro interessantissimo studio dedicato ai fattori di competitività, al costo del lavoro e alla fiscalità di vantaggio. Cosa si evince?
In primis
, un costo del lavoro a Gorizia superiore di circa il 45% rispetto a quello in Slovenia e una pressione fiscale per le società di capitali maggiore del 13%. Questi gli svantaggi fiscali contro cui devono quotidianamente combattere le imprese della nostra provincia a ridosso del confine con la Slovenia: grandi differenze che appaiono paradossali, se si pensa che Italia e Slovenia sono entrambi Paesi membri dell’Unione Europea.
«La vicinanza della Provincia di Gorizia a due Stati dell’Ue, Austria e Slovenia, è diventata fattore di “svantaggio competitivo” per i soggetti economici dell’Isontino, a causa del differente costo del lavoro e delle riduzioni delle aliquote fiscali operate dai citati Stati, che sono diventate notevolmente inferiori a quelle italiane», sentenziano i due commercialisti. Che entrano nel merito: «In Italia, attualmente, due sono le imposte a cui è sottoposto il reddito d’impresa prodotto dalle società di capitali: l’Ires (Imposta sul reddito delle società) e l’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive). Le attuali aliquote d’imposta – spiegano Pella e Strizzolo – sono pari al 27, 50% per quanto riguarda l’Ires e al 3, 90% per quanto riguarda l’Irap (seppur con basi imponibili diverse), per un carico fiscale complessivo “teorico” sul reddito prodotto pari al 31, 40%. Anche se per le cosiddette imprese virtuose in Friuli Venezia Giulia l’aliquota Irap scende di quasi un punto percentuale (con un carico complessivo teorico pari al 30, 48%), il sistema fiscale a cui sono sottoposte le società di capitali in Italia si presenta meno attraente rispetto a quello dei nostri confinanti».
Infatti, attualmente in Austria, l’aliquota sul reddito prodotto dalle persone giuridiche è del 25% e in Slovenia è del... 17%. Una sfida impari. E non è tutto. Un altro fattore di competitività della Slovenia (e di conseguente svantaggio per le imprese della nostra provincia) è dato dal costo del lavoro che risulta essere molto più basso del costo del lavoro in Italia. L’Ufficio statistico europeo (Eurostat) rileva un costo orario del lavoro (total labour costs) dei settori industria, costruzioni e servizi in Italia pari a 28,30 euro contro un costo orario del lavoro in Slovenia pari a 15,60 euro. «È evidente come il costo orario del lavoro in Slovenia nel 2014 è rilevato inferiore di circa il 45% rispetto al costo orario del lavoro in Italia», osservano i due commercialisti.
La soluzione? «Ho proposto al sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, e alla presidente della Regione Serracchiani la costituzione di una
“Labour Belt”
, una fascia che comprenda le zone di confine del Fvg e dunque anche la nostra provincia», spiegò - a suo tempo - l’allòra presidente della Provincia (oggi in liquidazione) Enrico Gherghetta. Da cui emergono in maniera oggettiva elementi con i quali gli imprenditori del Goriziano hanno imparato, sulla loro pelle, a fare i conti quotidianamente. «La finalità per il nostro territorio deve essere quello di attrarre capitali, aprendo agli investimenti privati e mettendo da parte definitivamente l’approccio assistenzialista. Abbiamo punti di forza forse unici in tutto il Nord Italia: abbiamo un’autostrada, un aeroporto, l’interporto, l’autoporto. Per partire, bisogna togliere la zavorra della fiscalità che definiremmo di svantaggio: la costituzione della Labour Belt potrebbe essere un punto dal quale partire, costituendo un’iniziativa di cooperazione transfrontaliera che potrebbe essere promossa da Governo e Regione». L’obiettivo, spiegò Gherghetta, era l’armonizzazione del costo del lavoro nella fascia confinaria «superando forme di
dumping
sociale che costano al nostro Paese sia in termini di entrate sia di disoccupazione».
Francesco Fain
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