Crisi Flex, un’offerta sul tavolo ma non c’è accordo

Per FairCap le condizioni proposte dal potenziale acquirente sono «attualmente poco attrattive» e «la negoziazione è complessa»

Diego D'Amelio
La manifestazione dei lavoratori all'esterno dei cancelli della Flex di Trieste Foto Massimo Silvano
La manifestazione dei lavoratori all'esterno dei cancelli della Flex di Trieste Foto Massimo Silvano

Un’offerta per la fabbrica ex Flextronics di Trieste è arrivata, ma il soggetto proponente è una startup e inoltre FairCap non la ritiene adeguata.

Il fondo tedesco che ha rilevato l’impianto a inizio anno pone condizioni che la startup – nome e nazionalità ignoti – non intende accettare.

Le istituzioni sono in pressing affinché FairCap ceda il sito a un prezzo simbolico e consegni la maggior parte dei 20 milioni ricevuti da Flextronics in una singolare compravendita che aveva visto il compratore guadagnare invece di spendere.

Una mediazione 


La nuova convocazione del tavolo di crisi Flex (questa mattina, martedì 1 luiglio), si conclude con una mediazione. I tedeschi ribadiscono l’impegno a cedere al valore simbolico di un euro, ma ottengono di poter contrattare sul mantenimento di una parte della dote finanziaria, garantendosi così un guadagno speculativo da tutta l’operazione, con cui FairCap ha rilevato l’impianto con l’intenzione di rivenderlo subito, come dimostra anche l’assenza di un piano industriale da parte di Adriatronics, nome dato alla fabbrica dopo la vendita.

 

Quattordici manifestazioni di interesse


All’inizio dell’incontro gli advisor hanno fatto il punto della situazione. Su 251 società sondate in ambiti come meccatronica, elettronica, difesa, robotica, telecomunicazioni ed energie rinnovabili, sono state 14 le manifestazioni di interesse, tradottesi in 7 accordi di riservatezza per poter accedere alla documentazione di Flex-Adriatronics.

Alla fine dell’esame, sono state effettuate due visite all’impianto (una terza potrebbe essere programmata a breve) ed è pervenuta un’offerta non vincolante, mentre una seconda potrebbe essere formalizzata a giorni da parte di un’azienda che opera nel settore difesa.

 

La startup estera


Al momento l’unica realtà concretamente in campo è però una startup estera, «partecipata da fondi internazionali e imprenditori finanziariamente solidi».

L’ambito è quello della produzione di trasduttori ottici di terza generazione per datacenter: un mercato che gli advisor definiscono in forte espansione grazie ai progressi del 5G e dell’intelligenza artificiale.

Gli investimenti previsti in caso ammonterebbero a 80 milioni di dollari, ma non esiste ancora un piano industriale, anche se i consulenti assicurano «il riassorbimento integrale dei lavoratori di Trieste» e la possibilità di portare le attuali 341 unità fino a 420.

La conclusione del report è però fredda. Le condizioni proposte dal potenziale acquirente sono «attualmente poco attrattive» e «la negoziazione è complessa».

 

I motivi 


Per capire il nodo bisogna fare un passo indietro. Dopo aver dimostrato l’inconsistenza delle proprie intenzioni industriali, per ottenere la cassa integrazione a beneficio dei lavoratori e risparmiare sugli stipendi, FairCap aveva accettato di cedere l’impianto a un singolo soggetto per un valore simbolico, garantendo la piena occupazione ma cercando di monetizzare sul mantenimento di una parte della dote ricevuta da Flextronics.

E proprio qui si gioca la partita della vendita.
Ministero, Regione, Confindustria e sindacati chiedono al fondo di ammorbidire la posizione, invitando i tedeschi a non fare pura speculazione, ma il rappresentante di FairCap Thomas Stüpfert ha ribadito di attendersi un ritorno economico.

 

L’accordo

 

La mediazione è stata trovata con un accordo che ha ribadito l’impegno alla cessione gratuita e alla salvaguardia occupazionale, ammettendo però che la questione della dote sia oggetto di contrattazione tra venditore e acquirente.

L’intesa ha dato inoltre il via al previsto allungamento di altri tre mesi del contratto di solidarietà per i lavoratori, che viene così portato a metà ottobre.

 

I sindacati 


Con una nota congiunta, Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm e Ugl «richiamano lo spirito dell’accordo sottoscritto nei mesi scorsi, che deve garantire il subentro a condizioni di vantaggio ed evitare che FairCap si limiti a una mera operazione finanziaria di ricavo sulla cessione del sito».

L’Usb parla di «passo avanti verso la reindustrializzazione» e sottolinea che «la prima proposta sul tavolo presenta caratteristiche di grande interesse. Tuttavia, questa opportunità rischia di naufragare per la pretesa di FairCap di ottenere un ulteriore ritorno sulla vendita. Inaccettabile».

 

La Regione

 

L’assessore regionale al Lavoro Alessia Rosolen sottolinea che «non ci potrà essere alcun avallo delle istituzioni a possibili operazioni speculative, che bloccheremmo con tutti gli strumenti a nostra disposizione qualora si verificassero».

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