Croazia, la vittoria di Milanović scatena la resa dei conti nell’Hdz

A poche ore dalla sconfitta di Kolinda Grabar-Kitarović, la resa dei conti è già iniziata all’interno del centrodestra croato. La presidente uscente ha perso contro il socialdemocratico Zoran Milanović perché la destra radicale l’ha abbandonata: è questa l’analisi su cui convergono i principali commentatori politici croati. In altre parole, una parte dell’elettorato di riferimento dell’Hdz (il partito conservatore guidato dal premier Andrej Plenković) ha dato forfait, preferendo non recarsi alle urne o addirittura annullando la propria scheda. Questo, peraltro, era stato l’invito lanciato dopo il primo turno da Miroslav Škoro, il candidato indipendente arrivato terzo il 22 dicembre scorso con il 24% delle preferenze. Škoro, cantante folk divenuto portavoce della destra radicale, aveva invitato i suoi elettori a non scegliere il “male minore” (ovvero Grabar-Kitarović), ma a votare scheda nulla. Un appello che è stato rispettato da molti: quasi 90mila (4%) le schede nulle, contro le 22mila (1%) del primo turno.
Lo stesso Plenković, dopo la sconfitta della “sua” candidata, ha protestato per il comportamento «immaturo» di Škoro. Dopo essersi congratulato con Milanović e aver descritto la futura collaborazione col nuovo presidente come «una coabitazione difficile nel rispetto della Costituzione», il premier si è rivolto a Škoro con parole dure: «Quando la gente dà istruzioni su come votare al secondo turno, ci si aspetta che lo faccia in modo maturo e responsabile. Questi invece non erano messaggi maturi», ha detto.
La scarsa affluenza alle urne in alcuni feudi dell’Hdz (Slavonia in primis) e l’alto numero di schede nulle fanno dunque pensare che Škoro abbia una parte di responsabilità nella sconfitta di Grabar-Kitarović. Ma ciò non toglie che il partito del premier debba ora fare i conti col risultato: e lo stesso Plenković è chiamato a risponderne. Già l’altra sera Milijan Brkić, attuale vicepresidente dell’Hdz, ha dichiarato che correrà per il posto di presidente del partito, ruolo ora detenuto da Plenković. Altri quadri dell’Hdz hanno già annunciato la propria candidatura per un’elezione interna che si terrà già quest’anno. Interrogato su questo punto, il premier ha assicurato di non essere preoccupato. «La carica di presidente dell’Hdz è ambita, è normale che ci siano molti pretendenti», ha affermato Plenković, sicuro di aver fatto «un buon lavoro» negli ultimi tre anni, cioè da quando è alla guida del partito. Ma le candidature e i commenti del giorno dopo descrivono una situazione tutt’altro che serena e in cui si delineano chiaramente due fazioni. L’ex portavoce dell’Hdz Silvana Oruč-Ivoš, ad esempio, ha detto che Grabar-Kitarović è una «vittima collaterale» di Plenković «che porta avanti una politica di sinistra senza averne il mandato». Al contrario, il presidente del parlamento Gordan Jandroković, vicino a Plenković - premier il cui corso è moderato ed europeista - pensa che l’Hdz abbia perso il ballottaggio perché ha condotto «una campagna elettorale troppo a destra».
Insomma, dopo anni di scontri interni al partito, i moderati e i radicali dell’Hdz paiono sull’orlo del divorzio. In questo senso, Grabar-Kitarović è l’ultima eredità della precedente presidenza dell’Hdz che viene ora a mancare. La Capo di Stato uscente è infatti stata eletta a inizio 2015, quando l’Hdz era ancora nelle mani di Tomislav Karamarko, esponente dell’ala più oltranzista del partito. Ora, persa anche quest’ultima pedina, Plenković - secondo alcuni osservatori - ha mani libere per condurre una politica più centrista (vedi l’intervista qui a lato). La coabitazione tra il nuovo Capo di Stato e il premier potrebbe dunque portare a una marginalizzazione dell’estrema destra nello scenario politico, se il premier uscirà vincitore dalle lotte interne all’Hdz. Per ora, Plenković sembra avere buone chances; e più alto sarà il numero dei pretendenti, più il fronte che lo sfida sarà frammentato. —
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