Cupole, piazze, affreschi Trieste svela i suoi tesori

di Gabriella Ziani
Un mondo di ori e tesori, di corone, gioielli, statue e ritratti, gioielli, salotti, lampadari, cupole e affreschi, di personaggi scolpiti e dipinti, capolavori preistorici, romani, medioevali, sette e ottocenteschi, di piazze e palazzi, colonnati e castelli, mosaici bizantini e cineserie. Ma è davvero questa, Trieste? Pare proprio di sì, quando si trasceglie e fotografa, si rimpicciolisce il “grande” per esaltare il piccolo che forse nessuno ha mai visto, e si impagina il tutto con foto di qualità smagliante, su preziosissimo (e costosissimo) fondo nero. Si candida a essere il più bel libro su Trieste quello che l’editore Fachin, «dopo due anni di lavoro», ha mandato da poco in libreria, a firma di Marzia Vidulli Torlo, con contributi di Anna Krekic e Rossella Fabiani: «Tesori di Trieste». Ma anche «Treasures» perché il volume è perfettamente bilingue italiano-inglese, a buon uso di qualunque turista.
È proprio la qualità delle immagini, accostate e sovrapposte, con una dinamica che rende la scoperta affascinante anche per tanto uso di generosi “grandangoli”, a spiegare la logica dell’operazione (e ovviamente questo stile editoriale ha dei costi, il volume non ha sponsor ed è in libreria a 35 euro). Ma il senso è anche un altro: ricostruire e recuperare radici, e pezzi altrimenti invisibili, e così la storia intera di Trieste, dal niente a oggi, da quel che resta dell’età del ferro a quel che la storia ha lasciato negli infiniti musei, nelle architetture e dappertutto.
Un viaggiatore potrebbe essere goloso (come a volte tutti siamo quando scopriamo un altrove senza poterlo domare fino in fondo) di questo riassunto per immagini, con brevi ma puntuali schede, per cui anche il passato diventa chiaro velocemente, e si vedono i reperti più preziosi, anche le gallerie di magnifiche opere scultoree romane conservate nei Civici musei di storia e arte, assieme alle collezioni egizie poco note, alle opere (del 1800) di Antonio Canova, oppure quanto è stato salvato della ricca villa romana di Barcola, mentre si guardano con occhi nuovi la casa baronale di Revoltella e gli affreschi (invisibili a tutti) della cupola di palazzo Carciotti, si scopre il Trittico di Santa Chiara tutto d’oro, «capolavoro medioevale», e si arriva fino ai «tesori d’arte ritrovati», quelli istriani.
Anche i triestini scopriranno non solo un “assieme” di lusso, ma anche tante storie e tante facce troppo familiari per destare vero interesse, o troppo ignorate: per esempio quella delle fontane, volute da Maria Teresa quando dotò Trieste dell’acquedotto. Oppure il volto del Marinaio ignoto e la Vittoria alata del Faro della vittoria, visti da vicino, anziché in panoramica. E poi Museo Morpurgo, Museo Sartorio, Museo orientale, Museo del mare, Museo Schmidl, Museo Revoltella, Museo ebraico Carlo e Vera Wagner, castello di Miramare e castello di Duino, Duomo di Muggia e castello di San Giusto con cattedrale, Teatro Verdi e tutti gli stili (dal Liberty al Neoclassico), e quadri semi-privati, come donazione Sambo della Provincia, collezione Fittke del Sartorio, pinacoteca dell’Università, collezione d’arte della Fondazione CrTrieste tra pittura e scultura, pinacoteca ex Lloyd Adriatico ora Allianz: altro che ori e tesori mostra e/o nasconde questa città. Manca l’Archivio del Lloyd, ma per forza, è imballato.
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