Da Cormons a Gorizia e ritorno così Massimiliano I si “salvò”

CORMONS. Qualcuno scherzosamente la chiama “la statua con le ruote” per quel suo peregrinare da Cormons e Gorizia durante i suoi quasi 120 anni di storia. Parliamo del monumento bronzeo a...

CORMONS. Qualcuno scherzosamente la chiama “la statua con le ruote” per quel suo peregrinare da Cormons e Gorizia durante i suoi quasi 120 anni di storia. Parliamo del monumento bronzeo a Massimiliano I, che si erge in Largo San Luigi Scrosoppi, dinanzi al santuario di Rosa Mistica, a Cormons. Di certo questa statua ha alle spalle una storia movimentata che forse nessun’altra statua ha avuto, almeno nella nostra regione.

Inaugurata il 14 giugno 1903 per celebrare i 400 anni di appartenenza della Contea di Gorizia e Gradisca alla Casa d’Austria, venne rimossa il 17 maggio 1919 per volontà dell’allora sindaco Antenore Marni che, fervente irredentista, aveva chiesto già nel settembre 1915 alle autorità militari italiane di rimuoverla ottenendo un fermo diniego. Per 19 anni la statua rimase distesa, abbandonata nel cortile del vecchio ospedale di viale Venezia Giulia, fino a quando il podestà di Cormons Sergio Gnot non la donò alla Provincia che la collocò in un angolo appartato del giardino di Palazzo Attems a Gorizia. Lì rimase fino al 1981 quando, su richiesta del Comune di Cormons, che aderì a una volontà popolare, l’amministrazione provinciale acconsentì che la statua facesse ritorno a Cormons: era il 28 giugno 1981.

Tutta questa storia è raccontata nella mostra “Massimiliano I: odissea di una statua” che si può visitare fino a domani nella sede dell’Associazione Cormonese Austria di via Matteotti. Una ricca e in gran parte inedita rassegna fotografica e documentale accompagna il visitatore in questo viaggio compiuto dal monumento, realizzato dallo scultore viennese Edmund Hofmann e fuso alla Fonderie artistiche di Vienna nel 1902.

Documenti, trovati in archivi pubblici, accertano in modo chiaro e definitivo che la statua non è una copia del navigatore Cristoforo Colombo, come avevano insinuato fin dagli anni Trenta, e poi ripresi in periodo più recenti, fonti nazionaliste. Il monumento venne commissionato da un Comitato presieduto dal podestà di Cormons Giorgio Locatelli con segretario il Preposito capitolare monsignor Luigi Faidutti a testimonianza che la statua fu eretta per volontà dell’intera Contea.

Infatti i finanziatori dell’iniziativa – e la mostra per la prima volta espone l’elenco dei contribuenti – appartenevano all’intero territorio provinciale. Scorrendo i nomi vi si trovano tutte le famiglie nobiliari della Contea, dagli Attems ai Coronini, dai Lantieri ai Codelli, ma anche i vescovi di Gorizia Missia, di Parenzo Flapp e di Veglia Mahnic, i Comuni di Cormons, Grado, Aquileia e Medea. Tra i contribuenti pure il principe tedesco Massimiliano Egon Furstenberg, il banchiere Rothschild e imprenditori del tempo quali i Brunner e i Ritter.

Tra le peripezie della statua anche un concreto rischio di fusione. Nel 1924 l’amministrazione comunale di Cormons, che non sapeva che farsene di quell’ingombrante monumento di asburgica memoria, decise di metterlo in vendita a peso per ricavare i soldi necessari ad ampliare l’asilo e dedicare la nuova aula ai reduci e combattenti della Prima guerra mondiale. Due ditte, la Gorizia Rottami e la Broili di Udine, parteciparono al bando d’asta per accaparrarsi gli 11 quintali e rotti di bronzo, ma dopo un lungo iter (la burocrazia esisteva anche allora) la vendita nel 1928 venne bloccata dalla Prefettura di Gorizia dopo un parere negativo espresso dalla Soprintendenza ai monumenti e beni artistici di Trieste.

Ci fu anche un tentativo di acquisto negli anni Trenta da parte della locale Federazione dei fasci (non si sa bene per quale utilizzo), ma l’alt venne direttamente dal Ministero della Cultura.

Il podestà di allora Gnot, vista l’aria che tirava, decise allora di cedere il monumento alla Provincia e quella delibera salvò la statua come testimoniò lo stesso Gnot in una lettera del 1975 che, nel mostrarsi favorevole al ritorno a Cormons del monumento, spiegava i motivi che lo indussero 40 anni prima a farlo trasferire a Gorizia togliendola da quell’angolo dimenticato dell’ospedale. C’è da star certi che di lì a qualche anno, se non fosse intervenuto il podestà, avrebbe fatto la fine di tante campane requisite e fuse per esigenze belliche.

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