Da gennaio la “paghetta” ai consiglieri comunali. Calerà in caso di assenza

TRIESTE I “gettoni” del Comune di Trieste scadono a fine mese. A mezzanotte e 4 minuti, nella notte fra lunedì e ieri, il Consiglio comunale ha adottato a maggioranza la storica “paghetta”. Venti i voti favorevoli (la maggioranza di centrodestra), 5 voti contrari (M5s con il socialista Roberto De Gioia), un astenuto (Sabrina Morena di Sel). Non hanno partecipato al voto il gruppo del Pd, la civica Maria Teresa Bassa Poropat e il presidente del Consiglio comunale Marco Gabrielli che si è smarcato dal suo gruppo e dalla maggioranza: «Mi mette in “imbarazzo” votare una delibera che mi fa aumentare lo stipendio di 5 mila euro all’anno per fare quello che ho sempre fatto. Tutto qui».
L’indennità di funzione da 1.200 euro lordi mensili (800 netti), che dal primo gennaio sostituirà l’indennità di presenza (il gettone da 104 euro), non prevede giustificazioni in caso di assenza (anche per malattia) come invece consente la normativa regionale. Ogni assenza, dalla seduta del Consiglio o da una commissione, prevederà automaticamente una riduzione dell’indennità. «È stata una scelta politica», spiega il consulente del lavoro Roberto Cason (Lista Dipiazza) che ha prodotto l’emendamento e materialmente scritto la delibera della maggioranza sulla “paghetta”. «Se un consigliere comunale è assente per qualsivoglia motivo alle sedute o alle commissioni subisce la decurtazione di un ventesimo dell’indennità».
In Consiglio comunale, insomma, gli assenti non si giustificano in ogni caso. Neppure se presentano il certificato medico. «Non abbiamo mai pensato che l’attività politica non vada riconosciuta: prevedere un compenso è l’unica strada per evitare che la politica la facciano solo i ricchi e i pensionati - spiega Fabiana Martini, capogruppo del Pd -. Tuttavia non siamo convinti che lo strumento dell’indennità di funzione sia il più adeguato, tanto più se andrà ad aumentare la spesa complessiva. Si finirà col deresponsabilizzare i consiglieri e col ridurre l’attività». Di “regalo natalizio” parla il M5s che ha votato contro. «La delibera - spiega Paolo Menis - avrà invece il sicuro effetto di aumentare i costi della politica dai 400.000 euro spesi nel 2018 a 587.000 nel 2019». Sull’aumento dei costi il centrodestra nega fino a prova contraria. «La stima della ragioneria di un ipotetico aumento di 127 mila euro rispetto al 2018 in corso - aggiunge Cason - non considera che dal 2019 sarebbero aumentati i gettoni per effetto dell’aumento del numero dei commissari nelle commissioni consiliari». Il pugile Fabio Tuiach (Forza Nuova) tira in ballo il presidente americano: «Trump può permettersi di rinunciare allo stipendio, ma pochi altri per la verità».
L’introduzione della “paghetta” non è indolore per la maggioranza. «Il presidente del Consiglio comunale deve essere super partes. Non fare il grillino quando gli comoda», ha attaccato il capogruppo della Lega Antonio Lippolis. Che poi a Roma il Carroccio governi “sotto contratto” con i 5 Stelle è un’altra storia. «Avrei potuto denunciare il presidente per abuso di potere», ha rincarato la dose Salvatore Porro di Fratelli d’Italia che, da presidente di commissione, si è visto negare diversi sopralluoghi. Gabrielli, per il momento, offre da cattolico l’altra guancia: «Sono un ideologo delle legittima offesa e queste cose non posso che farmi piacere». —
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