«Da Porto vecchio alle semi-periferie ora la città affronti i suoi “buchi neri”»

Parla Graziella Bloccari, la nuova presidente dell’Ordine degli architetti Trent’anni dopo Gigetta Tamaro, una donna guida i 491 professionisti 
Massimo Greco
Silvano Trieste 2021-09-02 Graziella Bloccari
Silvano Trieste 2021-09-02 Graziella Bloccari

la neoeletta



«Il sogno nel cassetto? Recuperare la centralità professionale dell’architetto in un contesto di ritrovata qualità del costruire. A Trieste le opportunità di evidenziare il nostro ruolo non mancano: Porto vecchio, le periferie e le semi-periferie, i cosiddetti “buchi neri”, il rapporto con il mare, le piazze ...». Dopo una trentina d’anni da Gigetta Tamaro, torna una donna alla guida dei 491 architetti triestini con Graziella Bloccari, classe 1955, laurea allo Iuav veneziano con Gianugo Polesello a fine decennio Settanta, in precedenza si era diplomata all’istituto da Vinci. Appassionata di sport: pallavolo, sci, surf. Lo studio in via del Monte. Sta progettando un hotel a Catanzaro, in città ha risistemato edifici in via San Nicolò e in via Madonna del mare. Il consiglio dell’Ordine si è espresso all’unanimità a suo favore. Ha preso il posto di Thomas Bisiani. Il suo vice è Francesco Krecic, funzionario della Soprintendenza.

Presidente Bloccari, con quali premesse comincia il mandato?

All’insegna della collegialità, perché credo nel lavoro di squadra e ritengo che la somma delle intelligenze valga più del valore individuale. Infatti mi piace dire che siamo in nove (il numero dei consiglieri).

Cosa non le piace dell’architetto odierno?

Ci siamo un po’ svenduti a fronte del tipo di richiesta prestazionale che arriva dal mercato. Faccio un esempio: se passa davanti a un cantiere, spesso le capiterà di leggere sul cartello che all’architetto ormai resta solo il coordinamento della sicurezza. Troppo poco: l’architetto deve far sapere e far valere le sue competenze.

E l’ordine cosa può fare per ridare ruolo al mestiere?

Siamo vittime di una frammentazione professionale che spesso ci spinge a chiuderci nella piccola nicchia lavorativa: allora riprendiamo il filo delle relazioni, dei contatti, degli incontri, dell’aggiornamento. Durante il Covid ci siamo ridotti a discutere durante le code negli uffici comunali...

Ma un architetto è naturalmente portato a interessarsi della città nel suo complesso: quali sono le sue priorità?

Porto vecchio non può non aprire l’agenda, ma prima di parlare dei suoi 65 ettari mi piacerebbe ricordare alcuni capitoli di vita urbana che ritengo fondamentali: la riqualificazione delle semi-periferie e delle periferie, il recupero di aree da troppo tempo dismesse e trascurate - i “buchi neri” di cui parlavo all’inizio - il rapporto città-mare, le piazze.

Tempo di esempi.

In tema di semi-periferie, sono appena tornata da un sopralluogo in via Settefontane, la zona tra Barriera Vecchia e via D’Annunzio avrebbe necessità di una riscrittura. La città è piena di “buchi neri”: penso alle grandi aree delle caserme come quella di via Rossetti o quella di Banne, all’ex Fabbrica macchine vicino a passeggio Sant’Andrea, all’immensa e inutilizzata mole del Gasometro. Se lo sguardo va sul mare, mi dispiace di non vedere valorizzato un glorioso stabilimento balneare come l’Ausonia, con il suo passato sportivo pallanuotistico. E mi spiace anche dell’incerto presente della Diga.

Ma lei ha accennato anche alle piazze ...

La prima immagine, che mi sovviene, è Foro Ulpiano, lo spazio davanti al tribunale. Ma non riusciamo a fare qualcosa di meglio? L’abbiamo lasciata pianificare ai parcheggiatori? La gente spesso si lamenta di piazza Goldoni, ma piazza Goldoni, con tutti i suoi limiti, è passata da essere una semplice rotatoria al rango di piazza!

Gran finale con il Porto vecchio: le scelte del Comune battono la strada maestra?

Cominciamo col dire che Porto vecchio è un’area molto ampia e molto difficile. Andreas Kipar, incaricato di redigere il masterplan, è una scelta di alto profilo, per cui ritengo che dal punto di vista dell’inquadramento strategico siamo in buone mani. Due gli obiettivi principali: l’accessibilità alla zona e - soprattutto - la qualità architettonica. Fondamentale sarà provvedere alla manutenzione e alla gestione di spazi così grandi.

Quali sono i nodi più importanti da affrontare nella pianificazione dei 65 ettari?

Innanzitutto la compatibilità tra Adria terminal - quindi uno scalo operativo che pare avviato alla crocieristica - e lo presenza della nautica da diporto. Insisterei sulla presenza della scienza come dato culturale caratteristico dell’area. Consiglierei un po’ di residenziale per evitare che di sera Porto vecchio divenga il deserto dei Tartari. —



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