Da Trieste a Cracovia per non dimenticare

Viaggio della memoria per un gruppo di studenti del Galilei e del Dante-Carducci che, assieme ai colleghi del Leopardi di Pordenone, vedranno i luoghi simbolo dell'orrore nazista

CRACOVIA Il 13 marzo 1943 iniziava la liquidazione del ghetto ebraico di Cracovia. Con questo termine ci si riferisce all’operazione con cui i nazisti, nel giro di due giorni, assassinarono circa 2mila persone e deportarono le rimanenti nei campi di Płaszów e di Auschwitz-Birkenau.

Oggi, a 76 anni esatti di distanza, ragazze e ragazzi di alcune scuole superiori della regione hanno ripercorso quei luoghi, entrando così nel vivo del progetto “Memobus-viaggiare per comprendere malgrado tutto”.

Vi hanno aderito alunni di varie classi dei licei Galilei e Carducci-Dante di Trieste, nonché alcuni dell’istituto Leopardi-Maiorana di Pordenone. A organizzare l’iniziativa è l’associazione Quarantasettezeroquattro, in collaborazione con l’Associazione nazionale ex deportati (Aned) di Pordenone e grazie al finanziamento della Regione Fvg.

Il viaggio, che coinvolge circa 90 liceali, è partito lunedì sera, 11 marzo, dal monumento nazionale dell’ex lager nazista della Risiera di San Sabba:una prima tappa anche simbolica. La Risiera fu infatti parte costitutiva del grande sistema concentrazionario sviluppato dal Terzo Reich. Da qui migliaia di ebrei furono smistati e quindi messi a bordo dei convogli che li avrebbero deportati ad Auschwitz. Qui inoltre furono imprigionati, torturati e assassinati migliaia di italiani, sloveni, croati: tutti detenuti politici, espressione dell’antifascismo declinato nelle sue diverse matrici ideali e nazionali. Poco dopo il crepuscolo era rimasta solo la luce artificiale dei lampioni a rischiarare il sito, gettando lunghe ombre sul piazzale dell’ex campo nazista.

Dopo la visita guidata alla Risiera, studenti e staff sono saliti a bordo delle corriere: direzione Cracovia. Oltre 14 ore di viaggio su ruota, quattro confini nazionali attraversati e cinque Stati toccati:

Italia, Slovenia, Austria, Cechia, Polonia. Lo stesso itinerario che molti dei deportati della Seconda guerra mondiale furono costretti a intraprendere in più e più giorni, in condizioni disumane.

Ieri mattina, martedì 12 marzo, dopo una lunga notte, ci si è così risvegliati a Cracovia. Qui è iniziato il percorso che, in questi giorni, sta mettendo a confronto passato e presente, storia e memoria. Sempre ieri il gruppo ha visitato l’ex fabbrica di Oskar Schindler, che oggi è un museo. Quest’ultimo ripercorre innanzitutto le vicende che sono narrate nel celeberrimo film di Steven Spielberg “Schindler’s list”, che si sono svolte proprio tra queste strade. Ma non solo. Il museo offre un quadro complessivo della vita cittadina tra il 1939 e il 1945, quando la città fu la capitale del Governatorato generale insediato dai nazisti nella Polonia occupata.

Come è stato possibile tutto ciò? Che cosa è in nostro potere fare, affinché non riaccada? Come si possono comunicare simili interrogativi senza che suonino retorici ma, al contrario, restituendone tutto l’impatto emotivo che si prova trovandosi a ripercorrere i luoghi della memoria? Queste e altre sono le domande che ragazze e ragazzi si sono posti, al termine del primo giorno di viaggio. Ieri sera, davanti alla cena, gli studenti e chi li accompagna hanno infatti iniziato a tentare di mettere ordine all’insieme eterogeneo di domande, impressioni, idee, pensieri che in questi giorni li assalgono.

Un docente ha esposto in maniera dettagliata le ragioni storiche, economiche, sociali e culturali che hanno condotto alla Shoah. Una ragazza di diciotto anni ha commentato: «Sì ma io continuo a non capire. Nel senso che non riesco a mettermi nei panni dei nazisti, né a comprendere che cosa potesse passare loro per la testa, mentre commettevano quei crimini».

Si arriva così a oggi, mercoledì 13 marzo, e cioè alla visita al ghetto di Podgórze, nel giorno dell’anniversario della liquidazione. Qui, nell’ambito di una progressiva escalation di violenze, dal 1941 la popolazione ebraica fu costretta a risiedere: in un’area che in precedenza era abitata da circa 3mila persone, da quel momento ne furono di fatto imprigionate circa 17mila. Il ghetto ebbe ad ogni modo storia breve: nel 1943, come anticipato, fu liquidato. Oggi rimane poca traccia di quei tragici avvenimenti. Il muro che impediva alla popolazione di uscire è quasi del tutto scomparso: ne restano due piccolissime sezioni, circondate da normali appartamenti residenziali. Su una di queste è affissa una targa, sulla quale oggi qualcuno ha deposto un fiore.

In seguito gli studenti hanno visitato la sede odierna della Comunità ebraica di Cracovia, dove hanno avuto l’opportunità di incontrare Zofia Radzikowska, sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale e tuttora attiva nella diffusione della memoria. Nel 1943 Zofia era infatti solo una bambina. Ebrea, però. Per questa ragione sua madre dovette nasconderne l’identità, usando sotterfugi e documenti falsi.

Le due sopravvissero ma Zofia non rivide più suo padre, immediatamente inviato alle camere a gas al suo arrivo a Birkenau.

Domani mattina il gruppo si alzerà all’alba e partirà per la località di Oswiecim, nota purtroppo nel mondo a causa del suo nome tedesco: Auschwitz.

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