Da venditore ambulante a combattente sul ring

Aveva svolto diversi lavori, le arti marziali la sua passione: numerose le gare internazionali
Lasorte Trieste 24/07/14 - Strada per Longera, Luogo dell'Incidente
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Il cuore, i muscoli, l'eterno sorriso. Mamadou Sy è ricordato anche così, il guerriero buono che amava lo sport e il valore dell'amicizia, sentimenti che ha sempre saputo trasmettere nel suo breve percorso di vita, riuscendo a conquistare forse più affetto che effetti sul ring in veste di praticante di pugilato, K1 e Muay thai. Nel K1 aveva vinto dei tornei internazionali, e aveva partecipato a varie competizioni anche nelle altre discipline. Originario dell’area di Dakar in Senegal, venditore ambulante, poi elettricista e giardiniere saltuario. Mamadou Sy sapeva arrangiarsi ma aveva il sogno dell’agonismo. Alle discipline marziali era approdato ben presto, trovando nella sede della palestra Audace di via Geppa la sua seconda famiglia e una ulteriore attitivà lavorativa, agendo da atleta versatile e da aiuto tecnico in varie specialità, tra cui la boxe, e instaurando tra l'altro un forte legame di amicizia con il suo insegnante di Muay thai, Roberto Sacco e con il pugile professionista Bruno Zamora, ieri tra i più scossi dalla tragedia.

Mamadou si dedicava ad allenamenti quotidiani, rigorosi e intensi, per scolpire un fisico da atleta che - vista anche la fede islamica - respingeva l’alcol oltre al fumo. Atletico, guerriero sì ma forse anche troppo sensibile per il ring: una volta estremizzò le sue vedute e si rifiutò di combattere contro un amico, anzi un “fratello” del suo stesso team. Scelta discutibile, di certo coraggiosa ma emblematica del tipo di passione che caratterizzava il suo personale codice da combattente leale, diretto e sincero, doti che lo portavano ad essere apprezzato anche dai suoi avversari di turno. Sarà stato quel suo costante sorriso a fargli superare anche le batoste e i normali ko, aiutandolo così a ritrovare sempre nuovi stimoli per risalire sul ring, e senza patemi. «Il sorriso di Mamadou era persino disarmante», ricorda con particolare commozione Giandomenico Filippelli, tecnico della palestra Audace e tra gli amici più stretti dell'atleta senegalese scomparso. «Qella sua caratteristica era amata da tutti, lui era sempre educato, disponibile in palestra e fuori. Lo piangiamo veramente tutti - aggiunge Filippelli - perché abbiamo perso un vero amico, un giovane che abbiamo visto crescere, una persona su cui si poteva contare e che aveva dimostrato di saper legare con l'ambiente sportivo e la città».

Francesco Cardella

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