Dai timbri storici all’informatica Facau spegne ottanta candeline

Le immagini raccontano una storia lunga ottant’anni. Due immagini in particolare possiedono un forte significato narrativo: quella dove è riconoscibile il capostipite, Ezio Cappellari, e quella in cui si ritrova la vetrina del negozio in via Cavana 14. Con quell’insegna che resistette anche dopo la dolorosa chiusura nella seconda metà degli anni ’80 e il trasferimento “coatto” in via Lamarmora.
«Grazie Trieste» intitola l’invito con il quale la Facau intende festeggiare un importante genetliaco aziendale come sono gli 80 anni di attività. Si stapperanno i vini di Villa Vitas, provenienti dalla cantina di Strassoldo creata e condotta da parenti, e si esporranno sculture in carta opera di Adriano Stok: appuntamento nella sede di via Caboto 19/1, dove l’impresa opera dal 1994. Facau è l’acronimo di “Fornitura articoli cancelleria arredamento ufficio”. Una sigla curiosa, che ha generato divertenti equivoci raccontati da Roberta Cappellari, legale rappresentante del ramo cancelleria e figlia del fondatore: «Qualcuno ci ha chiesto se eravamo sardi. Altri ci hanno domandato se commerciavamo in cancelli ...».
Arredo, visual, archiviazione, cancelleria, scrittura e correzione, regalo, scuola, cartotecnica, carta, imballo, macchine per ufficio, informatica: l’odierno campionario elenca quasi 30 mila articoli. Ma la strada per raggiungere l’attuale domicilio di via Caboto è lunga sedici lustri. Decolla nel 1938, quando il carnico Ezio Cappellari, classe 1911, dopo essersi laureato in economia nell’Università triestina, decide di aprire il negozio in Cavana, quasi di fianco all’Arcivescovado. Negozio che ospitò, parecchi decenni più tardi, l’abbigliamento Serli.
La signora Roberta rievoca con sincera nostalgia «quei mobili realizzati su misura e tutti quei piccoli cassetti». Perchè tutto andò perso, quando un’ingiunzione giudiziaria costrinse i Cappellari a evacuare, dopo quasi mezzo secolo di permanenza, la “casamadre”: il vetusto edificio, nel quale la cartoleria Facau operava e che era proprietà dell’Itis, aveva problemi di statica, che ne compromisero l’agibilità.
E Roberta ricorda con affetto il padre Ezio, morto nel 1990, uomo dal carattere risoluto e autorevole: originario della Val Pesarina, famosa fin dai primi del ’700 per la fabbricazione di orologi (il marchio Solari), combattè come ufficiale degli Alpini durante il secondo conflitto mondiale. «Rese Facau un punto di riferimento del settore, in grado di confrontarsi con una clientela molto diversificata: c’erano i grandi compratori come Fincantieri, Generali, Lloyd Adriatico, Comune, Centro di fisica, Acegas». E anche “Il Piccolo” ... «E c’erano gli studi professionali e le scuole, a cominciare da quelle più vicine come il Nautico e il Carli».
Il capostipite - rammenta la signora Roberta - si era inventato un metodo di consegna materiali mirato cliente-per-cliente, che consentiva al committente di risparmiare sul magazzino. «Ma adesso Consip nella pubblica amministrazione e l’accentramento degli acquisti da parte dei grandi gruppi rende estremamente difficile la vita alle piccole aziende come la nostra», osserva Roberta Cappellari.
Il settore presenta forti criticità, come attesta la recente vendita di Smolars da parte della vecchia proprietà. Facau - dice la signora Roberta - è riuscita a resistere cambiando il sistema di vendita, puntando su una clientela «diffusa» formata da piccole aziende, da artigiani, da professionisti, da associazioni. «Nella nostra storia - aggiunge - avremo servito oltre 3 mila clienti». Restano alcune antiche specialità della maison, come i timbri: Carabinieri, Esercito, Guardia di Finanza, Autorità portuale ...
Ezio Cappellari, sposato con la signora Liliana, ebbe quattro figli e sono gli ultimi due - Roberta e Giancarlo - a seguire il marchio Facau, articolandone l’attività tra cancelleria e arredamento. Dopo la chiusura di Cavana, Facau traslocò in via Lamarmora davanti all’Archivio di Stato. Un passaggio di pochi anni, poi nel ’94 la scelta della zona industriale: sicuramente meno suggestiva della rimpianta Cavana, ma operativamente più adeguata a tempi cambiati.
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