Dai torpedoni agli spettacoli post restyling Le due vite dell’edificio nato negli anni ’30

TRIESTE L’edificio tra Silos e ingresso del Porto vecchio, progettato a metà anni Trenta da Giovanni Baldi e Umberto Nordio, ha vissuto due esistenze.
La prima è strettamente correlata ai motivi per cui venne costruito in cemento armato, cioè funse per circa mezzo secolo da stazione delle autocorriere, andando di fatto a formare un polo logistico del trasporto passeggeri con la quasi finitima stazione ferroviaria centrale.
La seconda esistenza della sala Tripcovich è radicalmente diversa dalla precedente, in quanto riguarda un utilizzo musicale e teatrale, che venne ricavato all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, allorquando il Teatro Verdi, necessitato di lavori restaurativi, vi trasferì la sua attività.
La prima vita terminò quando verso la fine del decennio Ottanta il terminal dei pullman traslocò nel vicino Silos. La resurrezione artistica seguì da lì a poco e il recupero venne curato da Dino Tamburini, mentre del progetto artistico si occupò Andrea Viotti. L’edificio originario prevedeva una parte dedicata al transito e alla sosta dei torpedoni, un’altra parte pensata per il supporto ai passeggeri. Dalla ristrutturazione nacquero il palcoscenico, una platea dotata di oltre 900 posti, un’area-servizi che comprende foyer, bar, biglietteria.
La genesi autotrasportistica non influenzò l’acustica, ritenuta ottima, e la visibilità, buona da ogni ordine di posto. Il rombo dei motori e i fumi delle marmitte lasciarono spazio a discipline meno invasive. La nuova vita fu resa possibile dal contributo della Regione, del Comune, del gruppo Tripcovich, il cui intervento fu fortemente voluto e sollecitato da Raffaello de Banfield (nella foto un suo sopralluogo sul posto). Il maestro era compositore, musicista, per un quarto di secolo direttore artistico del Verdi. I lavori si svolsero, con invidiabile solerzia, in un semestre tra il giugno e il dicembre 1992: il giorno 16, poco prima di Natale, l’inaugurazione della sala. La provvidenziale “riedizione” della vecchia stazione-corriere in sede per esecuzioni concertistiche, teatrali, solistiche, cameristiche ha consentito al Verdi, impossibilitato a fruire del teatro progettato da Giannatonio Selva, di garantire il cartellone fino al maggio 1997.
Da Gianandrea Gavazzeni a Lü Jia, da Carla Fracci a Juliette Greco molte prestigiose espressioni artistiche hanno potuto contare su questo ingegnoso “ripiego”.
Dell’abbattimento della sala si cominciò a parlare fin dai primi anni Duemila. La Tripcovich non è mai piaciuta a Dipiazza, che ancora a maggio aveva preannunciato la volontà di radere al suolo l’ottantenne architettura di Nordio: «La Tripcovich è brutta e l’ingresso alla mia città è brutto», aveva detto il primo cittadino. «Come ho abbattuto la piscina Bianchi, che era orrenda, così farò con quella stazione delle corriere, perché questo era prima di essere utilizzata come teatro». —
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