«Dal Sistema Gorizia soldi ma scarsa cura»

Sergio Pratali Maffei insegna restauro al Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste (sede di Gorizia). È cooperante internazionale, animatore e portavoce di gruppi di lavoro partecipati, già componente del CdA dell’Azienda speciale Villa Manin e ora del comitato di indirizzo dell’Erpac. Ha trent’anni di esperienza professionale, culminata nel coordinamento della ricostruzione del teatro La Fenice, ma ha anche realizzato diversi interventi nella nostra regione, tra i quali il recupero dell’agriturismo “Ai Colonos” a Villacaccia di Lestizza e del rifugio di Cava Buscada a Erto. Ma soprattutto è l’unico docente di Architettura che si è trasferito a Gorizia, da Venezia, «per vivere meglio», come ci ha confessato.
Diamo una valutazione sul rapporto tra Architettura, intesa come Università, e il cosiddetto “Sistema Gorizia”?
La mia valutazione su tale rapporto è a due facce. In un primo tempo ho ritenuto che il trasferimento da Trieste a Gorizia dell’allora facoltà di Architettura, con una “vera” sede e un finanziamento straordinario annuale di 300.000 euro da parte degli enti territoriali, potesse costituire per noi una grande opportunità. Sapevamo fin da allora che il trasferimento ci avrebbe peraltro penalizzato, sia in termini logistici che di attrattività, ma eravamo convinti che i due aspetti potessero quantomeno compensarsi. Ci sbagliavamo.
In che senso?
Il problema è complesso e mi dispiace schematizzarlo, ma capisco sia inevitabile. Diciamo in termini molto generali che i finanziamenti non sono condizione sufficiente per garantire il buon esito di un’iniziativa.
Si spieghi meglio...
Le faccio l’esempio del “Conference center”, sul quale ha indagato anche la Corte dei Conti, che è stato finanziato dalla Camera di Commercio e che viene gestito dalla sede centrale dell’Università. Un piccolo gioiello, forse senza pari in Italia, che è stato utilizzato per pochissimi giorni dalla sua inaugurazione, che risale come ricorderà al 2010, quasi in concomitanza con l’arrivo di Architettura a Gorizia. Un gioiello sul quale il “Sistema Gorizia” ha investito molto, ma che poi non ha saputo valorizzare. Esattamente come è accaduto a noi. Un altro esempio è quello del Politecnico di Nova Gorica, che ha recentemente abbandonato Gorizia. Così come potrebbe accadere anche a noi...
Pratali, quel è la ricaduta degli studi e delle ricerche prodotte dagli studenti e dai docenti di Architettura sulla città?
Guardi, noi abbiamo lavorato moltissimo, offrendo alla città decine di studi, centinaia di progetti, migliaia di idee. L’unica che sia stata presa in considerazione, ma potrei sbagliarmi, a me pare sia il contributo su Villa Louise, del quale sono stato il promotore. Come forse si ricorderà, a conclusione di un laboratorio di restauro del 2013, promuovemmo una mostra e un catalogo con 23 diverse proposte di recupero, identificando allo stesso tempo altri 30 edifici e siti di quella che definimmo “Gorizia dimenticata”. Riuscimmo a riaprire la villa al pubblico, che partecipò numerosissimo alla cerimonia di premiazione dei progetti migliori. Poi si affiancò a noi anche il Fai, che promosse villa Louise come «luogo del cuore». Arrivò quindi il finanziamento della Regione, che purtroppo è rimasto “parcheggiato” per quasi un anno. Solo ora la Fondazione Coronini, proprietaria dell’immobile e presieduta dal sindaco, ha trovato una soluzione che ritengo quantomeno discutibile, ovvero quella di affidare la progettazione e la direzione lavori del restauro di una tra le architetture più delicate di Gorizia... all’Ater di Udine, invece che bandire un concorso professionale, come tutti auspicavamo, che avrebbe sia premiato la qualità sia consentito qualche economia. Mentre Casa Rassaeur in borgo castello, forse l’edificio di civile abitazione più antico della città, di proprietà della stessa Fondazione, continua a essere abbandonata.
Francesco Fain
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