Dalla slot al Bingo, a Trieste dilaga la dipendenza da gioco

Le prime vittime sono le donne di una certa età. Oltre 30 le persone in cura all’Azienda sanitaria. A molti 'pazienti' offre aiuto la Caritas. Lo psicoterapeuta: arrivano da noi quando la famiglia scopre il disastro economico. Colossale il giro d’affari: si calcola che in Italia siano stati spesi in cinque mesi 25 miliardi di euro, 167 milioni al giorno
TRIESTE.
Si vendono anche la camicia per giocare alle «slot» nei bar, per comprare schede del Gratta e vinci a proporzioni d’ingrosso, e quando anche l’ultimo cent è finito vanno nelle ricevitorie e nei bar attrezzati e chiedono di giocare a credito, se viceversa in tasca resta l’ultima risorsa si spostano nei casinò oltreconfine sperando di tornare a casa con la fortuna, e quindi di farla franca, invece di solito va al contrario, e non sono pochi coloro che di nascosto si ritrovano infine alla Caritas, spogliati.


Anche a Trieste semplicemente dilaga il fenomeno del gioco, del lotto, delle lotterie, dei Bingo, delle scommesse, dei «gratta», delle macchinette, dei poker on line da giocare in computer, ma anche via telefono mobile o fisso, internet e tv interattiva, con appunto l’opzione casinò a due passi in aggiunta.


Le prime «vittime» del gioco esagerato che può diventare compulsivo sono le donne, specie di una certa età. Lo confermano i gestori dei bar e delle tabaccherie, la stessa Caritas che poi nei quartieri ne incontra e aiuta tante, e infine l’Azienda sanitaria che al Dipartimento delle dipendenze ha attivo anche un ambulatorio per il gioco dopo quello del tabacco e dell’alcol, una delle poche «assistenze pubbliche» per chi butta la propria debolezza in questa macina di ossessiva vana speranza.


«Attualmente abbiamo in trattamento 30-34 persone, donne e uomini, età media 45-50 anni, ma anche giovani, e i loro familiari - racconta Alessandro Vegliach, psicoterapeuta del servizio -, siamo in pochi e non possiamo pubblicizzare molto l’ambulatorio, la gente arriva qui quando il disastro economico viene scoperto a casa, succedono cataclismi, c’è chi in pochi anni si è mangiato i risparmi di tutta una vita, e i familiari chiedono: ”È un vizioso?”. No, è semplicemente una persona egocentrica, che ha forti difese emozionali, poche relazioni sociali, una debolezza psicologica, e che di fronte alle difficoltà fa riemergere un assetto infantile profondo, e cioé la dipendenza, quella che dalla nascita ai 18 anni esprimiamo in famiglia in modo naturale, ma che da adulti dovremmo superare, altrimenti è un fatto patologico. Spesso chi gioca anche beve, e chi beve anche fuma: il meccanismo della dipendenza è sempre quello. E specie nelle donne si accentua con l’età avanzata, di fronte alla pensione, a un lutto, alla solitudine».


È l’Amministrazione autonoma Monopoli di Stato (Aams) che promuove e regola i giochi, l’ultimo arrivato dei quali è «Win for life», la speranza di vincere una rendita mensile per 20 anni, elevata adesso a 6 mila euro al mese. «Ha l’obiettivo primario di assicurare un ambiente di gioco legale e responsabile», dice nella presentazione, aggiungendo: «L’Aams è garante dei minori, delle fasce deboli e sensibili a fenomeni patologici e/o ludopatici». «Il guaio - prosegue Vegliach - è che proprio lo Stato guadagna dal gioco, e moltiplicando le macchinette da bar, a ciclo rapido, aumenta il disastro, perché proprio la rapidità del meccanismo induce alla ripetizione, gente che aveva smesso poi mi dice: 'Sono entrato in bar, e ci sono ricascato'».


Il giro d’affari è colossale. In cinque mesi si calcola che gli italiani abbiamo messo nel gioco oltre 25 miliardi di euro, 167 milioni al giorno. In testa proprio le «slot». Nel solo mese di maggio hanno mangiato più di 2 miliardi e mezzo di euro, il Lotto al confronto solo 396 milioni. L’Aasm parla di «trend positivo» citando un aumento del 15% dal 2009 a oggi. Lo psicologo invece parla di «tragedia» e fa gruppi di auto-aiuto con le famiglie che, una volta iniziati, durano per anni.


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