Dalle patatine alla polenta Ecco cosa esce dai silos

L'azienda è alle porte di Marina Julia. In una zona ancora industriale. Ai cancelli ci sono oggi le bandiere della Cgil, ma fino all’altra settimana lì si assisteva solo alle millimetriche manovre di...

L'azienda è alle porte di Marina Julia. In una zona ancora industriale. Ai cancelli ci sono oggi le bandiere della Cgil, ma fino all’altra settimana lì si assisteva solo alle millimetriche manovre di svolta dei tir diretti ai silos. La De Franceschi spa era ed è la più grande maiseria d’Europa; per molti anni uno dei più importanti protagonisti del settore cerealicolo. Lo sanno bene la San Carlo, che con la semola di mais realizzata a Monfalcone ci faceva le patatine Rodeo e Dixi, e la Salati preziosi. Ma a rifornirsi alla De Franceschi erano anche i colossi delle bibite: Heineken, Peroni e la Castello, che sempre con la semola di mais, ma in varie granulometrie mescolata al malto d’orzo, confezionano la birra.

Da via Bagni nuova uscivano inoltre le preparazioni per la polenta, anche istantanea (unico prodotto finito), e il germe di mais diretto agli oleifici per i prodotti analoghi a Olio cuore. La produzione, prima dell’«assemblea permanente» degli operai, vantava anche lavorazioni del settore zootecnico, con la preparazione di fioccature di cereali vari (oltre al mais, anche orzo e avena) per la mangimistica, ovvero l’alimentazione di vacche, suini e pollame. L’industria molitoria, fondata nel ’66 dalla famiglia De Franceschi, mugnai ed imprenditori alla terza generazione, ha lavorato a lungo - in particolare per il settore dello snack, dunque non per prodotti alimentari primari -, col mercato mediorientale, soprattutto Egitto e Israele.

Giorni fa si è a lungo vociferato di un possibile interessamento verso l’impianto, che vanta un capacità di stoccaggio nei silos verticali di 40mila tonnellate, da parte di grosse società, quali Pasta Zara, gruppo Casillo e un’altra realtà francese. Per la prima, tuttavia, l’interessamento non è sfociato in qualcosa di concreto, come rileva il presidente Furio Bragagnolo: «Ammetto d’esser andato a visitare la fabbrica, senza alcun impegno, ma le eventuali operazioni di conversione dell’impianto per il grano duro sarebbero per noi troppo onerose». (ti.ca.)

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