De Eccher: Italia ferma meglio andare all’estero

Nel 2017 un miliardo di ricavi, gran parte realizzati fuori dal Belpaese

Una struttura a rombi e un edificio che richiama l’uovo di Fabergè. Capienza? Fino a 33 mila spettatori. Ma per hockey, basket, volley e spettacoli, l’impianto diventa arena, da 14 mila persone. Sarà pronto per i mondiali di giugno il nuovo stadio della Dynamo a Mosca. Opera da 1,7 miliardi, firmata Rizzani de Eccher. Portare il made in Friuli nel mondo per il colosso di Cargnacco è un’abitudine. Perché il 92 per cento dei ricavi nel 2017 vengono dall’estero. Il Gruppo conta di chiudere il bilancio 2017 tagliando il traguardo di un miliardo e 80 milioni di fatturato – in crescita rispetto ai 918 del 2016 -. Dunque la quota estero vale oltre 993 milioni. Ma il cuore dell’impresa è friulano e all’Italia guarda il presidente del Gruppo, Marco de Eccher. Un’Italia oggi «piantata, che ha bisogno di aprire cantieri per le infrastrutture», dice.

Davanti a de Eccher scorrono le immagini delle ultime mega opere. «Impressionante» esclama, descrivendo lo stadio di Mosca. «Impressionante» ritorna quando il numero uno del Gruppo parla dell’altra commessa simbolo di un 2017 col segno più, l’autostrada in Algeria, dalla costa a sud, impegno da 110 chilometri tra viadotti e gallerie. «In Russia stiamo lavorando con discreta gratificazione, lo stadio sarà finito in aprile e con soddisfazione del committente. Cominciamo a vedere un po’ di luce in fondo al tunnel e certo una grande spinta viene dalle infrastrutture. L’Algeria – afferma de Eccher – è un altro mercato di riferimento, che sta soffrendo un po’ ma ha programmi di sviluppo importanti. In termini di volumi complessivi siamo cresciuti molto e stiamo crescendo ancora un po’. Dedicheremo l’anno a consolidare gli obiettivi». Lo sviluppo però non passa dall’Italia. «Perché il mercato Italia non esiste, si vede la ripresa nel settore immobiliare, ma il programma di investimenti per le infrastrutture è stagnante. L’Italia purtroppo è ancora piantata, tutti parlano di infrastrutture ma i cantieri non aprono», aggiunge de Eccher. E poi c’è la burocrazia. Lacci che diventano cappi. Come quelli che hanno frenato l’avvio della terza corsia in A4, appalto de Eccher e Pizzarotti. Un cantiere aperto sette anni dopo l’aggiudicazione della gara. «È stato un successo avviare l’opera», sorride il de Eccher. «Siamo stati bravi noi e Autovie Venete, con il presidente Maurizio Castagna, ad aprire il cantiere, superando incertezze come i finanziamenti e la concessione a gestire l’autostrada in scadenza. Posso confermare che la tratta Portogruaro-Gonars sarà ultimata in anticipo». Sburocratizzare è insomma parola di moda, ma mancano i fatti. «Un miglioramento del sistema Italia all’estero c’è stato, ad esempio nelle strutture diplomatiche, e non è poco sapere che il sistema è più efficiente, perché dieci anni fa era esigenza di quatto o cinque aziende, oggi di molte, anche piccole. Nel mercato interno, invece, c’è molto margine di miglioramento». Un altro equilibrio ancora da trovare si chiama recupero edilizio, patrimonio imponente in Italia. «Ma l’approccio non può essere strettamente conservativo – spiega de Eccher –, perché porre solamente vincoli blocca i recuperi».

Resta la prossima sfida, il progetto all’orizzonte. Sarà a Minsk, Bielorussia, per costruire la Gazprom City. Una cittadella con una torre da 200 metri per 35 piani di uffici, hotel da 210 camere, centri medico, sportivo e commerciale. Valore dell’opera 550 milioni di dollari. «Impressionante». C’è da scommetterci.

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