Degente di 40 anni tocca il seno a una settantenne anch’essa ricoverata
Prima ha comunicato a gesti, poi ha usato le mani per accarezzarle il seno. E lei, sconvolta, se n’è tornata a letto, nella camera d’ospedale dov’era ricoverata e da dove si era temporaneamente allontanata per prendere una boccata d’aria. Lui, invece, non soltanto non ha fatto una piega di fronte alla sdegnata reazione della donna, ma non appena rimasto solo si è bellamente appropriato del suo posto stendendosi sulla panchina rimasta vuota. Il che ha quantomeno permesso di identificarlo quando, una mezzoretta più tardi, la paziente, una settantenne di Monfalcone, ha trovato la forza di indicarlo dalla finestra ai parenti di un’altra degente.
Finito sul tavolo del sostituto procuratore Annunziata Puglia, l’episodio è diventato un caso di presunta violenza sessuale. Accusa di cui l’uomo, il 40enne Iqbal Zafar, di nazionalità pakistana e residente a Poggibonsi, ma di cui non si hanno da tempo notizie, dovrà rispondere nel processo al via dal prossimo 18 febbraio di fronte al tribunale collegiale di Udine. In aula, nell’udienza preliminare celebrata davanti al gup Daniele Faleschini Barnaba, a difenderlo c’era l’avvocato Denaura Bordandini, in sostituzione della collega Debora Della Dora Gullion. Nel procedimento, la denunciante non si è costituita parte civile.
Nel ricostruire i fatti all’agente del posto di polizia dell’ospedale “Santa Maria della Misericordia”, qualche giorno dopo l’episodio, risalente al mese di luglio del 2018, l’anziana ha descritto con minuzia ogni istante del suo incontro con quello sconosciuto e ogni particolare utile a riconoscerlo. Comprese le ciabatte in plastica a fascia di colore azzurro che indossava. L’approccio è avvenuto mentre lei si trovava seduta su una panchina lungo il viale centrale, proprio di fronte al padiglione in cui era ricoverata. «Buongiorno», le aveva detto, indicando poi il collare da lei indossato e le carte – probabilmente documentazione medica – che lui stesso teneva in mano. E ancora. «Italiana?», le aveva chiesto, presentandosi come «Pakistan». Terminate le formalità, si era seduto accanto a lei e, come se niente fosse, con una mano le aveva accarezzato i capelli e con l’altra toccato il seno. Una libertà che, ora, rischia di costargli una condanna penale. –
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