Denise morì sul cavalcavia Lei e l’amico senza cinture

La ricostruzione dell’incidente fatta dall’ingegner Pozzati, perito della Procura Impossibile accertare il motivo per cui gli air bag della Ka non si sono aperti
Bonaventura Monfalcone-03.03.2016 Incidente mortale-Cavalcavia-Begliano-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-03.03.2016 Incidente mortale-Cavalcavia-Begliano-foto di Katia Bonaventura



Non avevano le cinture di sicurezza ed entrambi gli air bag frontali non si sono aperti, nonostante il violento impatto. Una potenza di 130 chilometri orari, data dalla sommatoria della velocità delle due vetture, l’una di 90 km/orari, l’altra di quaranta. Sono gli elementi riportati in aula, durante l’ultima udienza al Tribunale di Gorizia, davanti al giudice monocratico Marcello Coppari, dal perito incaricato dalla pubblica accusa, rappresentata dal pubblico ministero Ilaria Iozzi, lo scorso mercoledì 22 luglio. Si tratta del procedimento per omicidio colposo nei confronti di Manuel Satti, l’operaio all’epoca 32enne di San Canzian d’Isonzo. Era al volante della Ford Ka il giorno in cui la monfalconese Denise Niemis, 27 anni, al suo fianco sul lato passeggero, aveva perso la vita nell’incidente stradale avvenuto sul cavalcavia di Begliano. Il 3 marzo 2016, attorno alle 14.20, il cielo era grigio e piovigginava. A rappresentare la difesa è l’avvocato Franco Crevatin. I genitori della ragazza hanno rinunciato alla costituzione di parte civile, conseguendo un risarcimento da parte dell’assicurazione. L’ingegner Pozzati è stato l’unico teste a deporre in udienza. Ha descritto il tragico evento. La Ka quel giorno stava percorrendo la statale 14, e nell’affrontare la rampa del cavalcavia, in direzione Ronchi dei Legionari, era sbandata invadendo la corsia opposta di marcia. In quel momento stava sopraggiungendo un autocarro Peugeot, condotto da Maurizio Salvan. Il conducente aveva sterzato rapidamente finendo contro il guard-rail laterale, pertanto stringendo alla sua estrema destra era riuscito a ridurre l’impatto, avvenuto di striscio. Di rimbalzo la Ka era rientrata sulla corsia verso Ronchi, trovandosi però di fronte una Picasso, condotta da una cervignanese. Lo schianto questa volta era stato importante. La ragazza era deceduta sul colpo, Satti aveva riportato gravissime lesioni, trasferito all’ospedale di Udine, la donna cervignanese era stata trasportata al Cattinara. I due giovani, senza cinture di sicurezza, erano stati sollevati battendo contro il vetro del parabrezza. E gli air bag non erano scoppiati. S’è cercato di capire, in aula, anche il motivo della mancata apertura dei dispositivi di sicurezza. Peraltro la Ford Europa, casa di produzione del veicolo in questione, ha fornito al perito una serie di spiegazioni tecniche. Per quel tipo di auto gli air bag non avevano bisogno di essere cambiati, non era prevista la sostituzione in sede di manutenzione, nemmeno parziale. Non è chiaro comunque come mai non si siano azionati, nonostante il potente impatto. Sul tappeto solo ipotesi. Forse con il primo urto di striscio si potrebbe essere riconfigurato il sistema elettronico della Ka durante il percorso successivo, una decina di metri, verso la corsia in direzione Ronchi. Tuttavia, a fronte di una domanda specifica, il perito del pm ha osservato che nell’eventualità di questa circostanza ci sarebbe stato tempo sufficiente per il completamento della riconfigurazione, prima dello schianto. Aspetto che rimane senza una spiegazione certa.

Altra domanda dall’avvocato Crevatin, circa la sterzata della Ka dopo l’urto con l’autocarro: la ragazza avrebbe potuto prendere e girare il volante? Pozzati l’ha definita una possibilità, non una certezza. Domanda non casuale, quella posta dal legale, nel considerare l’ipotesi che Satti fosse stato colto da malore. Tra i testi verrà ascoltato il dottor Da Broi di Udine, che ha eseguito l’autopsia. L’avvocato Crevatin ha osservato: «Non abbiamo nulla da contestare sulla dinamica dell’incidente stradale, ciò che vogliamo approfondire invece sono le condizioni fisiche del nostro assistito durante il tragico evento, avendo la convinzione che sia stato colto da improvviso malore».—

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