Devetag: «Vinsero i paladini del razzismo anti-italiano»

Nella vicenda della Scuola c’è stato di tutto: razzismo antimeridionale, ambientalismo d’accatto, mobilitazione politica degna di miglior causa che ha riunito le forze di sinistra, la minoranza slovena e purtroppo la Lega Nord, a quel tempo nominata “costola della sinistra” secondo la definizione di D’Alema.
Lo scenario
Per capire lo scenario è necessario riportare ampiamente le memorie di un grande sindaco, Antonio Scarano, che nel suo libro “Il mio sogno goriziano” mette a fuoco la situazione, che risale a oltre 30 anni or sono. Scarano, ricorda il 1984 come anno in cui si adoperò anche a livello nazionale per trovare il luogo adatto per costruire la Scuola Guardia di Finanza. Fu individuato nella zona dell’aeroporto: “L’area da occupare – racconta Scarano - non doveva superare i 24 o 25 ettari dei 160 complessivi, cioè il 15 per cento dell’attuale area di sedime aeroportuale, complessivo delle rovine che da cinquant’anni fanno tragica mostra di sé.
Per essere riusciti a vincere la concorrenza di altre città candidate ad ospitare la scuola, più ricche e più forti della nostra, per aver mantenuto in loco un investimento dello Stato di tale mole e significato, eravamo convinti di ricevere il plauso di tutto il Consiglio comunale e quello dell’intera cittadinanza. Mai e poi mai potevamo supporre che qualche consigliere comunale, appartenente alla mia stessa area politica, sollevasse obiezioni all’iniziativa, sotto forma di un’interrogazione al sindaco, dai contenuti subdoli e misteriosi. Nell’ottobre di quell’anno, dopo che l’assessore Mario Del Ben aveva informato la Commissione urbanistica del Comune sulla possibiltà di ottenere la scuola sul nostro territorio amministrativo, i consiglieri Nicolò Fornasir, Alessandro Feleppa, Marijan Cefarin, Salvatore Caprì e Silvano Polmonari che poi si dissociò dalle posizioni del gruppo – presentarono al sindaco un’interrogazione per conoscere a quale punto fosse l’iter della pratica “al fine di evitare incresciosi malintesi”...Sic!)I firmatari dell’interrogazione, nella stessa giornata, rilasciarono sulla stampa un’intervista facendo trasparire anche in forma grossolana, tutto il loro livore contro la Scuola con queste testuali dichiarazioni: “Ma lo Stato non può liquidare Gorizia con questa Scuola che farebbe, tutt’al più, lievitare i guadagni dei soliti quattro commercianti; ci sia dato qualche incentivo, la zona franca integrale o qualche istituzione culturale di rilievo”. Fin qui Scarano.
Gli anti-italiani
Gli oppositori del progetto, che nella loro composizione politica prefiguravano l’Ulivo, ragionavano come oggi: buttavano là grandi progetti, grandi vocazioni, la zona franca integrale, immaginari ruoli internazionali. Grandi e confuse ambizioni, grandi e irreali prospettive. Ma il peggio doveva ancora venire: Scarano in prima battuta pensa di essere il vero bersaglio, tutto politico dei succitati consiglieri, che lo vogliono semplicemente far fuori. Non ha tutti i torti: è inviso ai democristiani di sinistra che lo giudicano troppo “nazionalista”.
Ma invece la contrarietà alla Scuola Guardia di Finanza nasconde molto di peggio: un neache troppo inconfessabile razzismo antitaliano: “Le motivazioni di tanta ostilità – continua l’ex sindaco di Gorizia - avevano radici ben più profonde e inconcepibili per qualsiasi persona di buon senso. E si rivelarono in tutta la loro allucinante chiarezza in un documento dal titolo: “Realizzazione a Gorizia di una Scuola Superiore della Gdf” a firma di Nicolò Fornasir, presentato alla direzione del Partito della Democrazia Cristiana il 22 gennaio 1985. Partendo dalla necessità primaria di salvaguardare l’identità di Gorizia e le culture locali, il documento prosegue esprimendo la convinzione che “il sindaco ci abbia condotto a piccoli passi verso una sponda di chiaro segno nazionalistico...riproponendo (alla Città n.d.r.) la scelta di rifarsi una mancata identità italiana mediante il contenimento del saldo demografico, attraverso una decisa immigrazione...di povera gente, costretta dalla necessità di emigrare dalla loro terra”. Ma ciò che sorprende – riflette Scarano -è il presumere un’incompatibilità tra l’identità italiana di Gorizia e l’indefinita identità locale, per cui la prima verrebbe vista “in contrapposizione o comunque in atteggiamento dominante o annullante la ricchezza e i valori della composita identità locale”. Qualcuno a questo punto potrà pensare ad una voluta deformazione di un pensiero articolato e, forse non troppo chiaramente espresso. Tutt’altro! In un successivo documento a chiare lettere si fa apparire la Scuola come uno degli strumenti per realizzare una politica diretta “ad avvilire la radice storica e culturale friulana di Gorizia...alimentando il risentimento della comunità slovena nei confronti delle istituzioni locali, con evidente reazione italiana”. Insomma ,tutto si può dire di Gorizia, tranne che sia italiana, per tanto, con una logica inafferrabile a chi ha i “muri in testa”, meglio rifiutare l’investimento di cento miliardi.
L’aeroporto
Un’altra motivazione contraria e assolutamente falsa è che con la costruzione della Scuola Gorizia avrebbe perso il suo glorioso aeroporto. Di questo tragico aspetto si fa orgoglioso alfiere il democristiano di sinistra Gino Cocianni. Si procede a una raccolta di firme e i goriziani ci cascano come pere: diecimila adesioni. La questione diventa centrale e si risolve con la crisi della giunta guidata da Scarano. La questione rimane sottotraccia per qualche anno per poi riesplodere sotto la giunta Valenti, cui tocca decidere sulla fattibilità della Scuola. Si decide per il sì e i contrari si scatenano. Riassumiamo: lo Stato italiano propone a Gorizia un finanziamento di oltre cento miliardi di lire che comprende la costruzione di una Scuola Guardia di Finanza che occuperebbe circa mille allievi all’anno più trecento funzionari stabili. Un indotto – e oggi ce ne rendiamo conto più che mai - che sarebbe una manna per una città in decadenza demografica e non certo ai vertici nazionali per dinamicità e ricchezza prodotta. Non solo, la “cementificazione” di cui si parla vanvera, farebbe piazza pulita di quei ricettacoli di sporcizia che ancora intristiscono l’aeroporto nella parte più a ridosso della zona industriale per creare un complesso funzionale, in cui sorgerebbe anche un centro sportivo con tanto di piscina e campi da gioco per il calcio, il tennis, l’atletica, che la Gdf metterebbe a disposizione dei cittadini: nel progetto c’è è anche un teatro-auditorium da ottocento posti. Non è tutto: con Valenti sindaco il progetto che viene offerto ai goriziani comprende anche il rispristino dell’aeroporto con una nuova pista d’atterraggio che lo trasformerebbe da campo di erbacce incolte in un vero scalo per velivoli turistici. E restano immensi spazi per portare i cani a fare pupù o per far volare gli aquiloni.
La teoria dei complotti
In qualsiasi città del mondo un progetto del genere sarebbe accolto con tripudio. A Gorizia si pensa invece a un complotto italo-fascista, a oscure lobbies d’affari, ad antivegani, a perfidi odiatori dell’aria pura. L’aeroporto deve rimanere così com’è, un infinito spazio vuoto e inutile. Tutto si trascina tra polemiche montanti: soffiano sul fuoco la sinistra goriziana, ampi settori della minoranza slovena e da buona ultima la Lega Nord, cui va il merito di aver sparso la voce terrorizzante che gli allievi finanzieri si sarebbero “esercitati” vessando con controlli quotidiani i commercianti goriziani. Quando si tratta di farsi del male i goriziani non sono secondi a nessuno e chiedono aiuto ai potenti amici friulani i quali nel 1992 producono un’allarmata interpellanza in Parlamento, ovviamente contraria al progetto. La giunta Valenti e il sottoscritto in prima, considerano la scuola un’occasione di crescita economica per la nostra asfittica città, fanno l’impossibile per vincere questa causa ma nulla possono contro un sistema politico-mediatico (in quel momento al governo c’è la sinistra) che sull’eterno ritornello del “no se pol” vince la sua battaglia. Uno dei profeti che guida quest’armata è il verde Fiorelli, che coinvolge un ministro dell’epoca, il verde Gianni Francesco Mattioli il quale promette a Gorizia, in cambio della famigerata Scuola, una pacconata di miliardi per la realizzazione di un mirabolante “Centro internazionale per lo studio del rischio idrogeologico”, che ovviamente andrà ad arricchire l’elenco dei cadaveri eccellenti che riposano nell’immenso cimitero dello sviluppo goriziano.
Fieno milionario
Ma a questa torta- si fa per dire- manca la ciliegina, che arriva sottoforma di un altro aborto, questa volta escogitato nell’ambito della giunta Illy e portata avanti dal presidente della provincia Giorgio Brandolin che, ben conscio della portata del disastro, tenta di salvare almeno la faccia della sinistra, istituendo quella società per lo sviluppo dell’aeroporto la cui fine ingloriosa è cronaca di questi mesi. A una delle prime riunioni per l’istituzione di questa società ci sono anch’io: sostituisco il sindaco Valenti che ha altri impegni.
Si guarda il bilancio: nel passivo ci sono i compensi dei vari direttori e funzionari, qualche lavoretto di restauro (circa 100 milioni di lire) negli attivi, a pareggio, è iscritto lo sfalcio dell’erba e la vendita del fieno, evidentemente di prima qualità, per altrettanti cento milioni. Mi sembra una barzelletta e mi oppongo, Brandolin che non è uno sciocco, conviene. I conti vengono rifatti in maniera leggermente più decente e la società viene istituita. La battaglia è vinta, i cento miliardi sono ripudiati, la Scuola non si fa, Gorizia non sarà “meridionalizzata”. Grande soddisfazione tra le pantegane goriziane, che per motivi biecamente razzistici non siedono nel cda pur rappresentando la maggioranza assoluta della popolazione aeroportuale.
*già assessore comunale
di Gorizia
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