Dicembre goriziano d’altri tempi nelle narrazioni di Ranieri Cossar

PUNTI DI VISTA
Nella sua “Gorizia d’altri tempi” del 1934, ricorda Ranieri Mario Cossàr (1884-1963) che a cavallo tra Otto e Novecento, durante la Belle Époque, per consuetudine prenatalizia in dicembre «la domenica nel pomeriggio i goriziani andavano a Valdirose, dov’era un ristorante denominato Tivoli che in origine era stato il villino di campagna del Baronio, poi passato in eredità alla contessa Elena Lantieri. In quel locale venivano servite delle ottime cotolette di maiale affumicato con l’immancabili capucci acidi e dell’eccellente birra di Budwis. Attigua v’era la sala da ballo, nella quale si trovava un pianoforte Bösendorfer a coda. Talvolta uno degli avventori si metteva a strimpellare e allora la gioventù si metteva a ballare i valzer e le polche, mentre i vecchi, facendo da tappezzeria seduti intorno alla sala, riandavano col pensiero ai bei tempi lontani…» Col bel tempo, d’estate al Tivoli si poteva arrivarci anche in bici, ma d’inverno sulla strada in macadam, ai piedi della foresta del Panovec, non ci si poteva andare che col fiacher in carrozza.
Così «chi per pigrizia non raggiungeva Valdirose, si fermava all’Osteria Alla Casa rossa, così chiamata ultimamente dal colore della sua facciata. Codesta osteria dal Quarantotto al Settanta era stata gestita da un certo Gallo, già granatiere nella Milizia urbana, ne portava perciò l’insegna con la dicitura: Al vecchio Granatiere. Dal Settanta al Novanta portava invece la scritta: All’uva di Dornberg. L’osteria è passata tra quelle caratteristiche goriziane, oltre che per il famoso gioco di bocce, anche per il fatto che chi desiderava di mangiare il radicchio rosso, che cresceva sulla concimaia (ledamàr), doveva andare a tagliarselo da sé. I buongustai trovavano di che saziarsi con le fettucce di casa al sugo di lepre (jèuar cui blècs), con il risotto di pollo (rizòt cui polès) e il risotto colle quaglie e polenta (cu li quais e polenta)».
Distrutto dai bombardamenti per la conquista di Gorizia nel 1916, del ristorante Tivoli, che si trovava con il suo parco poco oltre il cimitero ebraico alla sinistra della vecchia strada del Vipacco, rimane l’immagine nelle vecchie cartoline e la sagace considerazione di Ranieri Mario Cossàr su quanto capitava, ieri come oggi, quando per le feste quel «vino di poca apparenza, ma di potente effetto, faceva perdere l’equilibrio (clopà li giambis), durante il ritorno in città, a chi non si era saputo misurare». —
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