Dieci triestini nei conti di Vaduz

Spuntano i nomi di Raoul Konstandt e Gianna Wagner. A breve l’avvio dell’azione penale
Non potevano mancare i nomi di alcuni illustri investitori triestini e del Fvg nella «black list» trafugata dalla Banca Lgt di Vaduz in Liechtenstein da un impiegato improvvisatosi 007 per conto delle autorità germaniche. Una soffiata ricompensata dal fisco tedesco con quattro milioni di euro e una nuova identità personale. Ieri la conferma da Roma: la Procura che aveva ricevuto la «black list» da Berlino ha inviato per posta al procuratore capo di Trieste Nicola Maria Pace un elenco di correntisti i cui soldi sono emigrati dalla nostra città ai caveau e computer del piccolo Principato posto tra Svizzera e Austria. Come riportato da agenzie di stampa ieri a tarda ora, la magistratura triestina si occuperà, tra gli altri, dei casi di Raoul Konstandt (Gruppo Konstandt) e Gianna Wagner de Polo Saibanti, già azionista della Stock e moglie del prorietario della «Fratelli Alinari». In sintesi dopo la distribuzione dei plichi la Procura di Milano si occuperà di circa 100 dei 390 nomi. A Roma sono invece rimasti 60 fascicoli.


A Bolzano ne arriveranno 40, a Firenze 10. Su questo livello, secondo indiscrezioni, anche Trieste. Ben poca cosa rispetto agli elenchi di quasi 30 anni fa: l’ennesimo segno dell’avvenuto cambiamento a livello economico e di cultura. Ma Trieste, dove le indagini sulle esportazioni illegali di valuta e i relativi processi per direttissima avevano segnato tutti i primi Anni Ottanta, non poteva rimanere fuori da questo elenco di città. Ora il fascicolo spedito da Roma verrà aperto e verrà assegnato a uno dei «sostituti» della Procura perché avvii l’azione penale sul territorio di competenza. I magistrati della Capitale hanno comunque già definito le ipotesi di reato: evasione fiscale e omessa o infedele dichiarazione dei redditi. Il rischio di finire in carcere, per gli indagati, è inesistente mentre le analoghe inchieste delle Procure nei primi Ottanta erano contrassegnate da arresti, sequestri e tintinnare di manette. Oggi invece l’indagine parte male, con i plichi dei nomi della «black list», affidati alle divise gialle dei postini e non già a quelle grigioverdi della Guardia di finanza.


Anche le leggi sono cambiate dagli Anni Ottanta, assieme alla sensibilità dell’opinione pubblica per i reati fiscali. Per la legge oggi in vigore «tutte le disponibilità finanziarie riconducibili a conti «residenti» all’estero sono oggetto ogni anno di dichiarazione fiscale» hanno spiegato gli investigatori della Tributaria. Chissà quanti dei 390 «indagati» saranno in grado di dimostrarlo. Il secondo motivo per cui l’indagine parte male, è rappresentato dai termini di prescrizione. La documentazione carpita dall’impiegato-007 nel caveau della Banca Lgt di Vaduz, non va oltre ai conti correnti del 2002. Questi dati non sembrano sufficienti per concludere positivamente l’inchiesta e i relativi procedimenti nei sette anni e mezzo previsti dalla legge. Entro il 2010 arriverà il colpo di spugna, almeno a livello penale. Per andare a fondo nei singoli conti dei 390 italiani e dei loro soldi «emigrati» nel Liechtenstein, servirà una rogatoria internazionale a Vaduz il cui è esito è per lo meno incerto.


Il Principato è infatti ben deciso a salvaguardare gelosamente il segreto bancario e a tappare ogni possibile fuga di notizie che danneggi i clienti dei propri istituti di credito. Tempi lunghi e «frenate», già annunciate. «Gli elenchi coi nomi sono inutilizzabili perché prove raccolte illecitamente» hanno affermato con forza alcuni avvocati difensori. Tra i nomi filtrati attraverso le maglie del segreto investigativo anche quello del pordenonese Antonio Zanussi, imprenditore figlio di Guido, ex presidente dell’omonimo Gruppo, e l’udinese Antonio Sibau (Gruppo Sibau). Da Zanussi pronta smentita: «Nessun conto a Vaduz, sarà omonimia».

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