Diktat della Crismani: senza banchina 35 posti in pericolo

Sfrattata dal primo gennaio, ha chiesto all’Authority di trovare una soluzione. «Altrimenti in Slovenia»
Lasorte Trieste 21/10/09 - Crismani
Lasorte Trieste 21/10/09 - Crismani

di Matteo Unterweger

Un impegno dal sapore indefinito. Dolce o amaro? Difficile da capire, al momento. Ma, per adesso, si tratta dell’unico appiglio cui possono restare agganciate le speranze della ditta Crismani di scongiurare ogni rischio occupazionale per il 20% delle proprie unità lavorative (35 persone in termini assoluti).

L’appiglio si è materializzato al termine dell’incontro avuto a metà settimana dai rappresentanti sindacali dei lavoratori della Crismani con l’Autorità portuale. Ne riferisce i contenuti, così come riportati dai delegati presenti, Alessandro Bullo, direttore amministrativo della Crismani ecologia srl: «L’Authority - spiega - si è impegnata a incontrare l’azienda il prima possibile. Finora, però, non c’è stato alcun contatto». La Crismani aspetta arrivi l’atteso segnale dalla torre del Lloyd. Quantomeno la convocazione a sedersi attorno a un tavolo. Intanto, però, il tempo passa. E stringe: con il 1° gennaio del nuovo anno, infatti, le società del gruppo Crismani saranno obbligate a lasciare la sede operativa del Punto Franco Vecchio. La disdetta è stata comunicata ufficialmente dall’Autorità portuale alla ditta lo scorso 10 novembre: il tutto in virtù della prossima consegna delle aree alla Portocittà srl, concessionaria della zona del Porto vecchio.

Il problema, per la Crismani (la cui forte preoccupazione viene espressa proprio oggi sul giornale anche attraverso un comunicato pubblicato su mezza pagina pubblicitaria, che la ditta ha appositamente acquistato), sta nell’assenza, al momento, di una soluzione che assicuri la disponibilità di una banchina da 300 metri lineari di cui la ditta necessita per sistemare le 30 unità nautiche della sua flotta e i pontoni di servizio. Elementi cardine per la sua attività specializzata di servizi anti-inquinamento e disinquinamento marino, cioè di pulizia del mare e di raccolta, ritiro e smaltimento dei rifiuti solidi e liquidi prodotti dalle navi. Azioni garantite dal 1968 e che hanno fatto conoscere il gruppo Crismani (che conta oggi 160 dipendenti diretti e 20 derivanti dall’indotto) in tutto il mondo.

«Per quanto riguarda la situazione a terra - fa il punto ancora Bullo - siamo a posto perché stiamo ristrutturando un capannone nel comprensorio di via Caboto, di fronte al depuratore. E inoltre abbiamo lì vicino 4.500 metri quadrati scoperti a disposizione, per un lotto totale da 10mila metri quadrati. Senza banchina però per noi diventa impossibile operare». Eppure, già nel novembre dello scorso anno, un’opzione gradita era stata individuata con l’impegno dell’Authority, il cui vertice con il passar dei mesi è nel frattempo cambiato: «L’allora presidente Claudio Boniciolli (rilevato dal gennaio 2011 da Marina Monassi, ndr) - spiega il direttore della Crismani - aveva firmato una lettera di intenti per arrivare alla concessione demaniale a Crismani dell’area della banchina ex Vetrobel e per tutto il tratto di demanio dalla banchina ex Vetrobel a quella Italcementi, incluso lo spazio acqueo antistante. Quella banchina, attualmente inutilizzata, in zona Ezit sul canale navigabile, ha i 300 metri lineari che ci servirebbero». Quella lettera di intenti dell’Authority, però, «non è più andata avanti», evidenzia Bullo.

E ora la Crismani si ritrova avvolta da un interrogativo che ad oggi non ha risposta. «Trattiamo dal 2003 - specifica Bullo - per trovare una soluzione. In assenza di questa, a un certo punto, chiederemo i danni per la situazione venutasi a creare. In primis per salvaguardare i posti di lavoro e poi per tutelare una società riconosciuta e apprezzata a livello internazionale». Senza escludere, inoltre, azioni strategiche radicali. Una su tutte: «Uno può anche pensare - conclude Bullo - di trasferirsi in Slovenia».

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