Dipiazza: il Magazzino vini resta su

Il sindaco: «Ne faremo un centro con tre sale convegni e un ristorante»
«Non si può abbattere e infatti non lo abbatteremo». Sembra la deduzione più logica del mondo quella che ha fatto ieri il sindaco Roberto Dipiazza sul principale tormentone triestino degli ultimi dieci anni: il Magazzino vini. La Fondazione CrTrieste che è proprietaria del rudere e vorrebbe raderlo al suolo per realizzare un’altra struttura a servizio della città e la Sovrintendenza ai Beni culturali che ha bocciato il nulla osta del Comune per l’abbattimento continuano il loro braccio di ferro tenendo le bocche ermeticamente cucite.


Ma Dipiazza sta mediando. «Stiamo lavorando per risolvere quest’ultima questione - ha dichiarato ieri pomeriggio - ma di certo quei muri non verranno abbattuti. Nemmeno il primo progetto dell’architetto Marco Casamonti prevedeva l’abbattimento, bensì il mantenimento dei muri perimetrali e io stesso ultimamente non avevo mai parlato di buttarli giù». E il sindaco è stato poi ancora più esplicito e preciso: «La struttura verrà recuperata e manterrà la medesima altezza. Saranno realizzate, oltre a un ristorante, due o tre sale convegni che assieme a quella più grande che verrà ricavata con un soppalco nell’ex Pescheria, costituiranno un Polo congressistico».


Una soluzione questa che però, secondo voci ufficiose, non avrebbe ancora pienamente convinto la Fondazione. Alla fine dello scorso settembre infatti il Tar aveva annullato il vincolo che era stato posto sull’immobile dal direttore regionale dei Beni culturali, Ugo Soragni. In dicembre con una delibera adottata dal Consiglio generale, la Fondazione aveva deciso di procedere all’abbattimento. In gennaio l’architetto Marco Casamonti, incaricato dalla stessa Fondazione, riferiva: «A fine mese sarà pronto il progetto del nuovo Palacongressi di Trieste. Lo sto ricalibrando perché quello fatto precedentemente prevedeva la necessità di mantenere i muri perimetrali del vecchio Magazzino vini in base al vincolo della Sovrintendenza che invece adesso non c’è più». Era il progetto al quale si è riferito ieri il sindaco Dipiazza.


I colpi di scena però non erano affatto finiti. Due mesi più tardi Massimo Paniccia, presidente della Fondazione aveva clamorosamente annunciato che il Palacongressi non si faceva. «Fare alla città un regalo sgradito sarebbe stato un controsenso», aveva detto. In questo modo la Fondazione aveva preso atto delle perplessità suscitate da un progetto giudicato eccessivamente impattante da forze politiche, ambientaliste, comitati e gruppi di cittadini. Due le possibili destinazioni della nuova struttura: centro polifunzionale a servizio dell’area culturale rappresentata dall’ex Pescheria, oppure sede per attività istituzionali.


Era stata prescelta la prima soluzione anche a seguito delle esigenze fattesi nel frattempo pressanti per l’attività convegnistica in via di sfratto dalla Stazione marittima dove spazi sempre maggiori vengono riservati all’attività crocieristica. Per l’abbattimento mancavano ancora due nulla osta: quello del Comune che è giunto e quello della Sovrintendenza che al contrario con il sovrintendente Stefano Rezzi ha bloccato l’iter annullando l’ok del municipio ritenendolo concesso «sulla base di elaborati non sufficienti a consentire una corretta valutazione della complessiva incidenza delle opere».


Il nuovo ricorso fatto dal legale della Fondazione, l’avvocato Giuseppe Sbisà, ha sortito la convocazione di una nuova udienza dinanzi al Tar per il 26 luglio. La manovra di Dipiazza è tesa anche a evitare la discussione di questa ulteriore causa il cui esito oltretutto logicamente non è scontato. Certo è che i tempi slittano ancora perché le ruspe erano già pronte a entrare in azione. Oltretutto per il recupero della struttura esistente mantenendo però le attuali metrature sarà prima indispensabile redigere un ulteriore progetto. Morale: lunga vita ai graffiti sulla scatola bianca che nasconde l’eterno rudere.

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