Stelle rosse sulla chiesetta di Padriciano, scoppia la polemica: «Resti casa di preghiera»

Lo striscione apparso sulla chiesetta di San Cirillo e Metodio: “Gloria ai liberatori dal nazifascismo”. Monsignor Trevisini: «Curia e parrocchia all’oscuro». Interrogazione alla Camera sui vessilli titini

Pietro Comelli
La chiesetta di Padriciano e lo striscione (Lasorte)
La chiesetta di Padriciano e lo striscione (Lasorte)

Sul rosone della chiesetta di San Cirillo e Metodio a Padriciano, oltre ai garofani rossi in omaggio ai partigiani caduti, svetta la scritta bilingue “Gloria ai liberatori dal nazifascismo”. Abbraccia l’intero edificio di culto. È accompagnato da una grande stella rossa fra le date 1945-2025 e un “grazie partigiani”. Non è passato inosservato quello striscione confezionato in serigrafia, non un telo fai da te, lungo la cosiddetta “cintura rossa” che da San Giovanni di Duino fino a San Dorligo della Valle è impavesata di vessilli rigorosamente rossi.

Bandiere e stelle rosse in Carso, la polemica per il Primo Maggio

La polemica è dietro l’angolo, come ogni anno, solo che questa volta a finire nel mirino è l’uso di una chiesetta lungo la strada di Basovizza, all’incrocio che porta a tennis e campi di golf. «Non opportuno», il sentimento che emerge dalla Curia.

Le bandiere rosse a Basovizza
Le bandiere rosse a Basovizza

Tocca al vicario generale monsignor Marino Trevisini chiarire: «Siamo stati informati che sulla facciata della cappella a Padriciano è comparso uno striscione inneggiante la liberazione dal nazifascismo. La Diocesi non ne era a conoscenza, e neppure la parrocchia. Benché il parroco di Basovizza (Žarko Škerlj, ndr) vi celebri la messa, la cappella in questione non appartiene alla Diocesi, né al Comune, ma è un edificio privato. Riteniamo che ogni luogo di culto debba essere innanzitutto “casa di preghiera”».

Il corteo con la bandiera titina (Silvano)
Il corteo con la bandiera titina (Silvano)

Messaggio chiaro, la Chiesa non vuole essere tirata in una polemica che è già scoppiata. Vedendo le immagini del corteo del Primo Maggio, dove non sono mancati alcuni gruppetti con l’effige di Tito e la bandiera con la stella rossa della defunta Jugoslavia, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli parte in quarta ricordando come quei vessilli ricordino non la festa dei lavoratori bensì l’arrivo dei partigiani titini a Trieste e i dolorosi 40 giorni di occupazione.

Lo striscione a Santa Croce
Lo striscione a Santa Croce

«La liberazione dal nazismo e dal fascismo non segnò la fine delle violenze, portò una vera e propria occupazione cruenta nei confronti delle terre italiane. Così decine di migliaia di persone, anche slovene e croate, furono sterminati. Non ci sono leggi italiane che possano fermare manifestazioni irrispettose della sofferenza di tanti esseri umani, se la mano omicida è comunista? Lunedì deposito un’interrogazione parlamentare, meglio chiedere e se la risposta è negativa porre rimedio», diffonde Rampelli.

Gli fa eco la collega di partito, entrambi sono di Fratelli d’Italia, Nicole Matteoni: «Quest’anno i valori e le riflessioni legati a questa giornata sono stati nuovamente traditi. La sinistra triestina deve capire che libertà, lavoro e diritti non possono essere rappresentati da una stella rossa o da una bandiera straniera del Novecento, segnata dal sangue».

La bandiera rossa a San Giovanni di Duino
La bandiera rossa a San Giovanni di Duino

Una presenza che fa dire all’assessore regionale Fabio Scoccimarro come «il secondo dopoguerra non è ancora finito, quelle bandiere restano esposte in alcuni casi per 40 giorni, come quel periodo di occupazione nel 1945». Infine il capoguppo di Forza Italia in Consiglio comunale, Alberto Polacco, evidenzia un aspetto: «L’indifferenza degli altri partecipanti al corteo e dei politici che vivono a Trieste. La sinistra batta un colpo».

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