Don Vatta: "Prima di Natale il vescovo lo aveva abbracciato"

TRIESTE. «Sandro Moncini trovò la comprensione di monsignor Bellomi prima e monsignor Ravignani poi. E poco prima dello scorso Natale è stato abbracciato anche da monsignor Crepaldi, quando questi ha fatto visita al nostro dormitorio di via Udine». Parole di don Mario Vatta, il “prete degli ultimi”, con cui Moncini collabora da undici anni, come volontario, nella Comunità di San Martino al Campo. Parole che certificano, pur indirettamente, il fatto che, a un anno e mezzo dal caso Vita Nuova, la Chiesa triestina si è rispaccata. E la frattura, anche stavolta, dà l’impressione di consumarsi all’ombra di una dicotomia politica di cui nessuno degli interpreti, però, si sogna neppure di ammettere.
La causa, stavolta, come detto, è la figura di Moncini, oltre vent’anni fa al centro di una storiaccia a sfondo pedofilo (finita con 293 giorni di carcere in America per l’invio dall’Italia di materiale porno) e oggi volontario tra i poveri e gli anziani in difficoltà, stimato profondamente dalle organizzazioni sociali di cui fa parte. Una è proprio l’associazione “Le buone pratiche onlus” (il soggetto organizzatore della festa di piazzale Rosmini di giovedì scorso segnalata da don Malnati per la presenza di Moncini tra i bambini che vi partecipavano), per conto della quale Moncini lavora proprio a San Vito, in quanto referente della Microarea dell’Azienda sanitaria. L’altra è, appunto, la Comunità di San Martino al Campo di don Vatta. Il quale, ora, sul caso Moncini, ne ha di cose da dire. E son quasi tutte risposte, sottintese, a don Malnati. Il braccio destro del vescovo.
«Quello di don Malnati - sospira il “prete degli ultimi” - mi pare un attacco duro, tale da tagliare qualsiasi possibilità di riabilitazione a una persona che ha riconosciuto di aver sbagliato, certo, ma non nella maniera descritta all’interno della segnalazione dello scorso giovedì. Noi siamo per la verità, non per le dicerie». «Chi non ricorda - aveva scritto, per la cronaca, don Malnati - le macabre registrazioni tra le quali vi è quella che, dopo averne abusato, domanda se può anche uccidere quell’animaletto?». «Questa persona - aggiunge don Vatta parlando sempre di Moncini - si è avvicinata al mondo dei poveri, degli emarginati, dei diseredati, attraverso l’esperienza nella nostra comunità, iniziata nell’agosto del 2000. Un’esperienza che, inizialmente, era quasi quotidiana, e oggi quotidiana lo è davvero. Abbiamo potuto vederne la crescita, giorno dopo giorno, tanto che lo stesso Moncini ha contribuito nel tempo a far crescere la nostra comunità, quando per esempio propose che la nostra presenza in stazione (con i senza casa, ndr) diventasse quotidiana, in un orario che potesse precedere l’invio delle persone bisognose al nostro dormitorio».
«In questi giorni - chiude il fondatore della Comunità di San Martino al Campo - tra di noi (il “noi” sta per gli appartenenti alla comunità medesima, ndr) abbiamo avuto modo di riflettere. Portiamo addosso il dolore di un attacco che non dà possibilità di replica, di riscatto. Oggi (ieri, ndr) siamo nella 24.ma domenica dell’anno liturgico, nella quale la parola di Dio parla di perdono. Perdono non è buonismo. È un atto profondo che sconvolge. Noi non ci sentiamo in linea con certe affermazioni, auspicheremo che venissero ridimensionate, che ne venisse riconosciuta la violenza».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo