Droga, l’avanzata del “cartello balcanico” lungo l’asse fra Sudamerica ed Europa

TRIESTE Produzione in «drammatica crescita» nei luoghi di coltivazione, in Colombia in particolare. La disponibilità della polvere bianca che aumenta, in un’Europa dove la domanda intanto sta salendo da anni. E i criminali – in testa quelli dei Balcani e soprattutto la mafia albanese – che non si fanno sfuggire l’opportunità per conquistare fette sempre più grandi di mercato. È la fotografia attuale del mercato illegale della cocaina in Europa, sempre più florido, tracciata dallo European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (Emcdda), agenzia Ue che si occupa di informare gli Stati membri su cosa si spaccia sulle strade europee, quali sono gli stupefacenti più ricercati, chi c’è dietro il business della droga.
Il quadro non è confortante. Ci sono «segnali» che indicano infatti «un incremento della produzione di cocaina e della sua disponibilità», oltre a un «maggiore uso» della polvere bianca in molte nazioni d’Europa, oggi «il secondo mercato al mondo» dopo gli Usa, ha allertato l’Emcdda in un recente rapporto. Disponibilità - è l’allarme dell’agenzia - che cresce anche a causa dell’iperattivismo e del “successo” di organizzazioni criminali balcaniche, ormai in concorrenza ai leader del settore, le nostrane «’Ndrangheta e Camorra».
A crescere d’importanza, quello che l’Emcdda definisce il «Balkan cartel, sempre più visibile «in Sudamerica». Dietro, una filosofia precisa: avere una presenza forte alla fonte, per poter conquistare i mercati europei. È quello che fanno «organizzazioni criminali balcaniche», che si sono ormai «sviluppate in reti moderne e dinamiche», praticamente autosufficienti. Si occupano «del trasporto, del finanziamento e della distribuzione di grandi quantità di cocaina dall’America del sud all’Europa». Cocaina che acquistano «direttamente» dai produttori e che poi fanno arrivare nel Vecchio continente» via Balcani e non, generalmente per mare, sfruttando «la loro presenza in grandi porti europei».
Il risultato? Secondo l’Emcdda, il Cartello balcanico è oggi in grado di «controllare la fornitura di cocaina dalla produzione alla fornitura» finale, con incalcolabili guadagni, in un mercato che vale «di 5,7 miliardi all’anno». A corroborare il quadro, l’acclarata forza ed esperienza che i clan balcanici hanno sviluppato per decenni nei traffici – soprattutto di armi e oppiacei – sulla Rotta balcanica, che tocca anche Trieste. E le tante notizie di operazioni di polizia e sequestri avvenuti l’anno scorso, come l’Operazione Nana – in Croazia – col sequestro di 100 chili di coca in un container caricato su una nave diretta a Fiume. Ma anche l’arresto, in Germania, di un imprenditore albanese, sospettato di essere coinvolto nell’importazione di 613 chili di coca colombiana via mare, passando per Italia e per l’Albania, Paese «punto di transito per la cocaina e l’eroina», secondo il Dipartimento di Stato Usa.
Proprio in Germania il mercato è ormai «controllato da gruppi dei Balcani e marocchini», ha segnalato a dicembre anche la Deutsche Welle. E l’elenco potrebbe continuare, assieme ai dati sui sequestri di coca, aumentati di 70 volte tra 2014 e 2016 in Paesi come la Romania, di 4-5 volte in Bulgaria. La distribuzione avviene anche con metodi inediti. Secondo lo studio Emcdda, oggi sono persino operativi «call center dedicati alla distribuzione della cocaina via corrieri», localizzati «fisicamente in Paesi balcanici e in Spagna». Corrieri il cui turnover è frenetico, per evitare di essere individuati dalla polizia. Dopo qualche tempo «tornano in Albania», non prima di aver venduto in media «un chilo di cocaina a settimana».
Il quadro è stato corroborato anche dal Guardian, che l’altro ieri ha definito la mafia albanese, gli “Hellbanianz”, «i re della cocaina» nel Regno Unito. Per conquistare il trono hanno usato proprio il metodo evidenziato dall’agenzia Ue: «Trattare con i cartelli colombiani, organizzare il trasporto», vendere direttamente ai consumatori “roba” di qualità migliore e a prezzi più bassi della concorrenza. Operando sul modello «dal produttore al consumatore», con sempre maggior successo. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo