Due medici killer di Stalin tentarono di uccidere Tito

di Azra Nuhefendic
TRIESTE
Uno storico serbo, Ljubodrag Dimic, scovando tra gli archivi russi, ha scoperto un documento che conferma il tentativo di Stalin di uccidere l’ex presidente jugoslavo Tito. Secondo il documento, il dittatore sovietico aveva inviato due medici per uccidere il Maresciallo durante un intervento chirurgico cui doveva sottoporsi.
Lo storico serbo sta preparando una “Raccolta dei documenti sulle relazioni jugoslavo-sovietiche tra 1945-1956”. Nel corso delle sue ricerche negli archivi sovietici ha trovato 200 documenti inediti tra cui quello che attesta l’“attentato medico”.
Su Tito, ormai da un secolo, ogni tanto “si rivelano” delle storie, spesso al confine con la fantascienza, su vari complotti e tentativi di assassinarlo. Ancora oggi spuntano fuori “testimoni” che affermano che Tito era un personaggio falso o almeno con doppia personalità, perché non si poteva spiegare logicamente come una persona di origini umili che proveniva da una famiglia contadina avesse potuto, da presidente, parlare correttamente varie lingue e suonare il pianoforte.
Ma la rivelazione del tentato assassinio di Stalin, a quanto pare, è l’unica teoria di complotto che trova l’appoggio nei documenti storici. Si tratta in realtà della trascrizione di una conversazione tra Stalin e il numero uno di Tito, il politico jugoslavo Edvard Kardelj. Questo documento, secondo lo storico che l’ha scoperto negli archivi russi, è la prova del tentativo di assassinare Tito che a lungo, e fino alla fine, aveva rifiutato di sottoporsi alla completa dominazione dei sovietici. Già anni fa alcuni stretti collaboratori di Tito, come il suo compagno di guerra e poi per anni capo della sicurezza di Tito, il generale Milan Zezelj, nel suo libro “Le paure di Tito”, aveva scritto che nel 1947, quando i rapporti con Stalin non erano più così buoni, il Maresciallo jugoslavo rischiava di essere ucciso. Tito all’improvviso ebbe un attacco di appendicite e dovette sottoporsi ad un intervento chirurgico di urgenza. Nella sua residenza fu allestita la sala operatoria con tutta l’equipe medica pronta per eseguire l’intervento. All’improvviso si presentarono degli specialisti russi che nessuno aveva invitato, ma che dicevano di essere stati mandati da Stalin per aiutare il compagno Tito. Questi furono successivamente ricevuti da Tito, secondo Zezelj, apparentemente perché il presidente jugoslavo non voleva essere scortese con loro, per non peggiorare ulteriormente i rapporti tra Belgrado e il Cremlino. Venne registrato che l’operazione era stata eseguita dai medici russi. Ben presto, però, dopo l’intervento, Tito aveva cominciato a sentirsi male e la ferita si era infettata. Di seguito venne accertato che gli strumenti con cui avevano operato gli specialisti russi erano “avvelenati”. I collaboratori di Tito conclusero che si trattava di un tentato omicidio, avendo tra l’altro notato che i chirurghi russi si comportavano in modo molto strano. Secondo Zezelj, i medici russi erano troppo agitati, bevevano e fumavano troppo, e vagabondavano per la residenza di Tito ubriachi. Il capo della sicurezza aveva fatto chiudere a chiave i medici russi in una stanza e aveva invitato i medici jugoslavi ad eseguire una nuova operazione. Quando questa “cospirazione” di Stalin fu scoperta i medici russi furono mandati a casa, in Russia, “ma nelle casse”, scrive il generale Milan Zezelj.
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