Duino, allarme per le emissioni della centrale di Monfalcone

Una mozione del consigliere Sel Maurizio Rozza denuncia il pericolo esistente per la salute pubblica «È uno degli impianti più inquinanti d’Italia e d’Europa. I suoi fumi cadono a chilometri di distanza»
Di Tiziana Carpinelli

DUINO AURISINA. La questione della centrale termoelettrica di Monfalcone, che da qualche mese agita assai le acque della politica isontina, finisce per diventare motivo di preoccupazione per la salute pubblica a Duino Aurisina, alla luce della prossimità dell'abitato all'impianto. Lo denuncia una recente mozione depositata in municipio dal consigliere di Sel Maurizio Rozza, esponente della maggioranza di centrosinistra e presidente della Seconda commissione.

Nel suo documento, che probabilmente sarà inserito già all'ordine del giorno del prossimo Consiglio comunale, a fine mese, Rozza chiede sia dato mandato al sindaco Vladimir Kukanja di «promuovere e attivare, anche attraverso la collaborazione con le altre amministrazioni dell’area interessata dagli impatti, tutte le azioni atte alla salvaguardia della salute dei cittadini, alla tutela dell’ambiente e al rispetto del protocollo sottoscritto nel 2004», che prevedeva la metanizzazione dei gruppi. Rozza si dice «allarmato» per la «mancanza di un piano energetico nazionale e regionale che dia indicazioni chiare sulle modalità di sviluppo della produzione energetica nel nostro paese» e sottolinea come «la centrale, entro marzo, in forza di una normativa europea, dovrebbe dismettere i gruppi alimentati ad olio combustibile, mentre il piano industriale presentato lo scorso novembre da A2a non è esaustivo nell'esplicitare le intenzioni della società nei riguardi dell'impianto di Monfalcone». «Centrali alimentate come quella monfalconese – spiega ancora il consigliere - hanno impatti pesanti in termini di emissioni di CO2 e di inquinanti. Quello di Monfalcone, sia per la tipologia di alimentazione che per la potenza, è uno degli impianti più inquinanti d'Italia e d'Europa. Per essere più precisi, lo studio redatto nel 2011 dalla EEA colloca quell'impianto tra i 662 più inquinanti d'Europa, i quali complessivamente contribuiscono per il 75% agli impatti ambientali totali. Per anni i sindaci dei comuni della Provincia di Trieste hanno totalmente ignorato gli impatti potenziali della centrale sui propri territori e sulle popolazioni che vi risiedono, quasi che il confine dell'ex dazio fornisse una barriera invalicabile alle problematiche che hanno origine oltre il Locovaz». «Esattamente lo stesso strano fenomeno psicosociale – aggiunge - che ha fatto sì che Trieste a tutt'oggi non abbia un piano di emergenza nucleare per i rischi intrinsechi alla presenza della centrale di Krsko, pur trovandosi nella prima fascia di rischio. Il confine di Stato doveva fermare gli atomi slavi sprovvisti di propusnica! In realtà la ciminiera di A2a dista da San Giovanni e dal Villaggio del Pescatore circa tre chilometri e mezzo. Gli stessi che distanziano l'impianto da Staranzano e San Canzian d'Isonzo, con la differenza che questi ultimi sono da anni impegnati sulla questione. Duino Aurisina, invece, si ritiene fuori dal problema».

«I 150 metri di altezza del camino della centrale – conclude Rozza - fanno sì che alcuni degli inquinanti potenzialmente più pericolosi precipitino a chilometri di distanza. Certo, probabilmente i venti prevalenti ci graziano molto più dei comuni del mandamento, ma d'altra parte andrebbe considerato, e finalmente monitorato, l'effetto cumulativo con le emissioni degli scarichi dei veicoli che transitano sulla A4 a ridosso degli abitati di San Giovanni, Sistiana e Aurisina. E sommato al potenziale impatto di uno dei 662 impianti più "pesanti" d'Europa contribuisce a creare qualcosa di cui forse non occorrerà preoccuparsi, ma di cui certamente dobbiamo occuparci».

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