E in provincia di Gorizia chiuse 68 aziende in 4 anni
«La situazione sta diventando drammatica. Non si sta muovendo nulla».
Andrea Comar, da meno di un mese capogruppo degli edili di Confindustria, non nasconde le difficoltà di un settore, sino a poco tempo fa, trainante e che pareva essere immune dalla crisi. Ma oggi l’edilizia soffre come non mai. «In provincia di Gorizia si costruisce poco. Il privato - argomenta Comar - si scontra con la scarsa propensione delle banche ad offrire credito mentre il pubblico deve fare i conti con l’esiguità di finanziamenti. La situazione non è allegra. Urgono sia soluzioni a breve termine per garantire il futuro immediato delle imprese, sia misure a medio-lungo periodo capaci di imprimere un’inversione di tendenza all’attuale trend negativo. Il calo della produzione nel settore delle costruzioni, in atto ormai dal 2008, sta avendo forti ripercussioni sul mercato del lavoro».
La Cassa edile
I dati sono impietosi. Il numero medio mensile di operai denunciati alla Cassa edile nella nostra provincia è passato infatti da 1.400 del 2007 a 1.230 riferito al 31 dicembre 2011. Nello stesso intervallo temporale il numero medio mensile relativo alle imprese è calato da 354 a 286: percentualmente si tratta di un decremento superiore al 23 per cento.
La nuova edilizia abitativa risulta il comparto in maggiore difficoltà: il 2012 sarà infatti il quinto anno consecutivo di calo che porterà ad una perdita produttiva complessiva, nell’arco del quinquennio 2008-2012, di oltre il 40% in termini reali. In tale contesto, temi quali la trasformazione urbana, la riqualificazione delle città e gli interventi sul patrimonio edilizio esistente - ha evidenziato nel maggio scorso Ance Gorizia - possono rappresentare un motore di sviluppo e innescare l’avvio della ripresa. A fronte di ciò, come se non bastasse, ad implementare il disagio della categoria concorrono una serie di ulteriori fattori negativi: basti citare gli interminabili iter burocratici connessi al rilascio delle pratiche da parte delle pubbliche amministrazioni, i gravi ritardi che le stesse protraggono verso i pagamenti dovuti contrattualmente alle imprese, la cronica difficoltà legata all’accesso al credito, e l’altrettanto cronica abitudine di molteplici enti appaltanti di affidare lavori al massimo ribasso.
Effetto-Imu
In questo scenario congiunturale, l’ultima «ciliegina su una torta dal sapore già di per sé molto amaro» è costituita dall’introduzione dell’Imu sugli immobili, in sostituzione dell’Ici. Tale nuovo balzello graverà non solo sui bilanci delle famiglie, ma anche su quelli delle imprese edili, che si vedranno tassati gli immobili costruiti e destinati alla vendita. Si tratta dell’unica forma di tassazione, vigente tra i settori industriali, che colpisce «beni costruiti per la vendita», che non hanno ancora trovato allocazione sul mercato. «L’Imu sull’inveduto è una mazzata. È come se la Fiat pagasse il bollo-auto sullo stock di veicoli che giacciono in attesa di essere venduti. È una forma di tassazione incomprensibile e particolarmente gravosa in momenti di difficoltà economica, come quello attuale, nel quale il mercato non drena rapidamente l’offerta», sottolinea Comar.
La filiera dell’abitare
Nel grafico in alto sono contenuti i dati della “filiera dell’abitare” che comprende i settori produttivi maggiormente coinvolti dal settore delle costruzioni (in termini di acquisti di beni e servizi effettuati dal settore delle costruzioni). Si tratta di quelli della produzioni di minerali non metalliferi, dei prodotti metallici ad esclusione delle macchine, di metalli e leghe, di legno e prodotti in legno, di macchine e apparecchi elettrici oltre alle attività professionali. Dai numeri si può capire l’importanza economica del comparto.
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