Evasione dell’Iva per 675 mila euro Commercialista finisce a processo

Elementi passivi fittizi e compensazione del credito. L’utilizzo di queste modalità aveva permesso di non versare l’Iva nell’arco di quattro anni, dal 2011 al 2014, per un importo complessivo di circa 675 mila euro. Operazioni che per la Procura di Gorizia rappresentavano un’evasione fiscale. A processo è finito il commercialista milanese Alberto Sessa, 57 anni, che operava anche tra Trieste, Gorizia e Monfalcone, già coinvolto in altri procedimenti in corso della stessa tipologia di reato. L’ipotesi di accusa, nell’ambito dei reati tributari, è quella di dichiarazione fraudolenta e di indebita compensazione. In concorso, poiché nel procedimento sono chiamati in causa anche i due soci della società per la quale all’epoca il commercialista lavorava, la Antonino Autotrasporti Srl di Mariano del Friuli. I due soci sono difesi dall’avvocato Loris Tosi, del Foro di Venezia, mentre Sessa è rappresentato dall’avvocato Francesca Negro. Parte lesa è il ministero competente, costituitosi parte civile, nonché l’Agenzia delle Entrate che invece non è presente nel procedimento. Il processo è entrato nella fase dell’ascolto dei testimoni. Lunedì, davanti al giudice monocratico Fabrizia De Vincenzi, è stato chiamato a deporre Federico Sancimimo, appuntato scelto della Guardia di Finanza di Gorizia. L’indagine è stata condotta dal Nucleo di Polizia tributaria delle Fiamme gialle isontine.
Secondo i dati ricostruiti dalla Procura, con il pubblico ministero titolare Laura Collini, nel 2011 sarebbero stati dichiarati 350 mila euro di elementi passivi fittizi, a fronte di un mancato versamento dell’Iva per circa 70 mila euro. Nell’anno successivo gli elementi passivi fittizi dichiarati sarebbero stati di circa 575 mila euro, per un’ipotizzata evasione dell’imposta di circa 166 mila euro. L’importo degli elementi passivi fittizi sarebbe salito a circa 1 milione e 366 mila euro nel 2013, a fronte di circa 389 mila euro di Iva non versata. Infine sarebbe stato utilizzato un credito di imposta per circa 83 mila euro nel 2013 e per 201 mila euro nel 2014. Una compensazione del credito, sempre per la Procura, indebita o comunque non spettante. Fin qui le contestazioni ipotizzate.
Lunedì il teste ha spiegato altri aspetti della complessa vicenda. Da quanto emerso, la contabilità come i bilanci della Antonino Autotrasporti sarebbero stati tenuti dallo studio Seto di Milano, facente riferimento al commercialista. Le dichiarazioni fiscali venivano inviate all’Agenzia delle Entrate, ha sempre spiegato il teste, a fronte del visto di conformità firmato da Sessa. Inoltre, sarebbero risultate integrazioni successive da parte del commercialista in ordine a dichiarazioni Iva pregresse sostanzialmente regolari. Modifiche quindi «in autonomia». E ancora, cessioni di credito nei confronti di altre società che a loro volta ne avevano certificato l’assunzione, ma a monte, ha osservato il finanziere, non risultava alcun contratto privato autenticato, né un atto pubblico al fine di comprovare la cessione. Il teste ha parlato di «doppie operazioni» per equilibrare i conti. La difesa dei due soci, in aula rappresentata dall’avvocato Valentina Sartori, si è in particolare soffermata sui rapporti tra Sessa e la Antonino Autotrasporti, al fine di verificare proprio il grado di “libertà” del commercialista nell’ambito delle operazioni fiscali.—
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