Ex Grandi motori di Trieste, tre a giudizio per i morti d’amianto

Per gli otto lavoratori deceduti tra il 1987 e il 2000, saranno processati i dirigenti d’allora Manlio Lippi, Enrico Bocchini e Corrado Antonini
Di Corrado Barbacini
sterle veduta panoramica dello stabilimento wartsila nsd
sterle veduta panoramica dello stabilimento wartsila nsd

I vertici della Grandi Motori ex Italcantieri sono ritenuti responsabili dei decessi di otto lavoratori avvenuti tra il 1987 e il 2000 e causati dall’esposizione all'amianto mentre costruivano i motori per le navi nello stabilimento di San Dorligo: questo perché conoscevano fin dagli anni Sessanta la pericolosità dell'amianto e nulla hanno fatto per impedire che venisse utilizzato e neppure hanno informato i lavoratori sulla pericolosità per la loro salute.

Il gip Laura Barresi ha rinviato a giudizio Manlio Lippi che risiede a Monfalcone ed è stato dal 1977 al 1984 presidente e amministratore delegato della società, Enrico Bocchini, residente a Cesena e presidente del cda di Fincantieri dopo l’incorporazione della Gmt nella stessa (operazione datata 1984), e infine l'ex presidente di Confindustria Trieste, Corrado Antonini, che dal 1984 in poi in Fincantieri ha ricoperto vari ruoli di vertice: direttore generale e amministratore delegato, poi dal 1994 quello di presidente. È stata cancellata la posizione di Alberto Guglielmotti, residente a Torino, direttore generale della Gmt tra il 1970 e il 1977, che è deceduto nell’ultimo periodo dopo la richiesta di rinvio a giudizio. L’udienza è stata fissata per il prossimo 13 gennaio

Il sostituto procuratore Matteo Tripani accusa Manlio Lippi, Enrico Bocchini e Corrado Antonini a vario titolo di omicidio colposo plurimo, ma anche di una serie di violazioni riguardanti la prevenzione negli ambienti di lavoro.

In particolare il pm contesta ai tre ex dirigenti e manager di non aver adottato all’ epoca - nel periodo cioè fra il 1971 e il 2000 all’interno dello stabilimento di Bagnoli della Rosandra - tutte le misure utili a garantire la tutela della salute dei lavoratori e in particolare quelle relative all’utilizzo delle mascherine con gli appositi filtri, alla sistemazione dell'amianto in ambienti separati e alla dotazione degli ambienti di lavoro di impianti fissi e mobili per l’aspirazione.

Nell’indagine il pm si è avvalso della consulenza del medico del lavoro Pietro Gino Barbieri, di Brescia, e dell'igienista industriale Patrizia Legittimo, di Firenze, la cui opera si è sommata a quella portata avanti dall'Azienda sanitaria di Trieste con il Dipartimento di prevenzione diretto da Valentino Patussi.

La morte degli otto lavoratori è avvenuta (alcuni decessi anche nel 2011) per mesotelioma pleurico, tumore che ha un tempo di latenza molto lungo. Secondo il pm Tripani la loro malattia sarebbe appunto derivata dall’esposizione all’ amianto e dai mancati accorgimenti di sicurezza che invece i dirigenti del periodo 1971-2000 dello stabilimento - in qualità di legali rappresentanti di Gmt fino al 1984 e di Fincantieri da lì in poi - avrebbero dovuto garantire. L'inchiesta è partita sulla base di una segnalazione dell'Azienda sanitaria.

Nello scorso maggio il giudice Laura Barresi ha accolto l’istanza di alcuni avvocati che rappresentano i parenti dei lavoratori morti riferita alla Fincantieri come responsabile civile. Successivamente è stata anche accolta la costituzione di parte civile di cinque degli otto lavoratori morti per mesotelioma. Ora è arrivato il rinvio a giudizio.

Venti giorni fa a Gorizia Manlio Lippi, Enrico Bocchini e Corrado Antonini sono stati condannati assieme ad altri dieci ex dirigenti dell’Italcantieri al temine di un processo-fotocopia al Tribunale di Gorizia.

A Manlio Lippi il giudice monocratico di Gorizia Matteo Trotta (attuale presidente del Tribunale) ha inflitto 7 anni ; 6 anni e 6 mesi a Enrico Bocchini e infine 4 anni e 4 mesi a Corrado Antonini. Quella pronunciata a Gorizia è stata la prima sentenza in regione in materia di esposizione all’amianto e ha fatto chiarezza sulle responsabilità di chi ha permesso che nel cantiere di Panzano venisse usato fino ai primi anni Ottanta l’amianto nella costruzione delle navi quando già si conosceva la sua pericolosità per la salute dei lavoratori.

Una sentenza che era attesa da 15 anni, da quando a Monfalcone era sorta l'associazione degli esposti che aveva chiesto a gran voce che si facesse giustizia e si desse una risposta alle centinaia di vedove che avevano visto morire i loro cari per asbestosi o tumori provocati dall’amianto.

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