Faccia d’Angelo: la troupe “scappa” e non paga i conti

La troupe della fiction su Maniero, girato in Slovenia, ha lasciato debiti per 550mila euro. Comparse, ristoratori e negozianti attendono ancora di essere pagati. Il caso in tribunale

VIPAVA. Il crimine non paga, ma neppure la fiction sul crimine lo fa. Lo sanno bene Tomaz Hrovatin e tutti quelli che da Vipava a Portorose, da Aidussina a Isola, fino a Lubiana hanno contribuito alla realizzazione della mini-serie per la televisione “Faccia d’Angelo” e aspettano ancora di essere pagati.

Lo scorso anno la troupe della fiction sulla mala del Brenta e sul suo boss Felice Maniero (prodotta da Sky Cinema) ha girato in Slovenia diverse scene. Il regista Andrea Porporati aveva scelto di registrare alcune sequenze anche a Vipava per le sue caratteristiche architettoniche. La chiesa, le strade, i negozi del piccolo centro nella valle del Vipacco rappresentavano il set ideale per ricreare il Veneto degli anni Ottanta. In modo attivo o passivo, in paese tutti hanno partecipato alle riprese e tutti conservano un ottimo ricordo tanto del cast quanto delle maestranze.

Ma tutti attendono ancora di essere pagati. C’è chi deve ricevere solo una sessantina di euro per una giornata da comparsa e chi aspetta di incassare decine di migliaia di euro per servizi più impegnativi come quello di catering o di ospitalità. La panetteria è rimasta chiusa due giorni, trasformata in macelleria; il fioraio ha confezionato 700 euro di fiori per la scena del battesimo. Nessuno ha visto un centesimo. Sono solo degli esempi: sono solo alcune delle tante voci in sospeso.

La somma totale del credito ammonta a circa 550mila euro. Il fascicolo con tutte le richieste di pagamento è stato già depositato al Tribunale di Lubiana. Tomaz Hrovatin aveva firmato un contratto da 1.500 euro per l’affitto del suo bar, ma gli unici soldi che finora ha visto sono quelli usati durante le riprese. Di quell’esperienza gli rimane una mazzetta alta più di un mattone con banconote da 50 e 100mila lire. Oltre ad essere fuori corso, sono ovviamente false, ancorché riprodotte in modo perfetto. Sono soltanto un souvenir, nessuno si è sognato di dargliele come pagamento. Lui le conta e quando raggiunge i quattro milioni, arriva anche la battuta ironica: «Beh, è più di quanto stabilito dal contratto, no?». Ride, ma il suo è un riso amaro.

Nessuno riesce a capire dove siano finiti i soldi (quelli veri). Si sono persi in un imbuto che da qualche parte contiene una falla. Martin Groznik, che di professione fa l’idraulico, ma che nell’occasione si era dato da fare per trovare delle comparse, è arrabbiato. A dargli fastidio non è tanto il fatto di non aver ancora ricevuto il denaro pattuito, quanto l’essersi esposto in prima persona mettendoci la faccia.

È lui che prova a ricostruire la situazione, a cercare il buco. Sky Digital Italia ha incaricato del casting la Goodtime srl di Cologno Monzese che, a sua volta, si sarebbe appoggiata alla slovena Filmska produkcija Svet filma. A rappresentare quest’ultima e a firmare fisicamente i contratti è stato però un tale Dragan Mladenovic e qui sorge il problema. Ai ripetuti solleciti di pagamento inviati alla società di Lubiana da Tomaz Hrovatin, la Filmska produkcija Svet filma prima ha risposto di non aver partecipato alla produzione di alcun film nella zona di Vipava, poi che il signor Mladenovic non è un suo rappresentante.

Che sia vero o no, di certo c’è che nei titoli di coda della prima puntata della serie tv si legge chiaramente “Service sloveno: Svet filma” e “Location manager: Dragan Mladenovic”.

«Lunedì il film è stato trasmesso da Sky, ma a noi i soldi non sono mai arrivati e questo fa male al cuore», dice Martin Groznik battendosi il pugno sul petto. «Noi non puntiamo il dito contro nessuno perché non sappiamo dove si sia fermato il denaro, ma di certo vogliamo essere pagati. Speriamo che questa storia si risolva quanto prima», aggiunge Samo Bratina che, in “Faccia d’Angelo”, ha fatto da comparsa insieme alla madre e alla sorella. «Quando poi tutto sarà pagato, faremo una grande festa qui da Tomaz» conclude Martin.

La parola ora, però, è del tribunale di Lubiana.

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